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Ordine di Malta, l’impero dei lasciti sprecati: affitti d’oro, terreni in rovina e carità tradita

Un impero da 190 milioni di euro in immobili e terreni, nato per finanziare ospedali e soccorsi, oggi ridotto a una macchina di sprechi e privilegi. Tra affitti fantasma, aziende agricole in perdita e silenzi imbarazzati, i Cavalieri della Carità vivono di rendite e lasciano marcire la loro missione
Ordine di Malta, l’impero dei lasciti sprecati: affitti d’oro, terreni in rovina e carità tradita
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Non solo jet privati, appartamenti in via Condotti e indennità d’oro. I vertici dell’Ordine di Malta raccolgono anche i frutti di un ingentissimo patrimonio di lasciti immobiliari e agrari che dovrebbe sostenere le attività di soccorso e di assistenza a poveri e malati, e invece fa acqua da tutte le parti. Anzi: tra affitti non riscossi, ville in abbandono, aziende agricole in fallimento e occasioni sprecate di metterli a reddito, fa proprio scandalo. L’inchiesta del Fatto Quotidiano sul Sovrano Militare Ordine di Malta ha aperto una crepa in uno dei più antichi e potenti organismi cattolici del mondo, tra lussi contrari al voto di povertà e volontari che si devono pagare da soli le ambulanze.

Le reazioni non si sono fatte attendere: il Gran Magistero ha diffuso una nota ufficiale che – non smentendo nemmeno un numero – intima ai membri di non parlare con i giornalisti senza l’assenso dell’Ufficio Comunicazione. Un bavaglio di fatto. In Vaticano l’imbarazzo è però palpabile. Contattato dal Fatto, il cardinale Gianfranco Ghirlanda, per anni referente della Santa Sede per l’Ordine, ieri ha preferito non rispondere. Si è congedato con un laconico “non ho nulla da dichiarare”.

L’impero del lusso e della rovina
In Italia l’Ordine possiede 919 immobili e quasi 5mila ettari di terreni agricoli, per un valore complessivo stimato oltre 190 milioni di euro, frutto di donazioni e lasciti di benefattori nel corso dei secoli per la nobile causa dell’aiuto ai bisognosi. Un patrimonio che dovrebbe finanziare ospedali, ambulanze e opere di misericordia, ma che oggi è un gigante inefficiente e opaco, gestito con logiche feudali più che ecclesiali.

Solo il 44% delle unità urbane è affittato regolarmente; un quarto è sfitto e il 31% ha contratti scaduti o non rinnovati.
Mentre Villa Pagana a Rapallo, Rocca Bernarda e Castello di Valva cadono a pezzi, quasi la metà dei ricavi urbani proviene da cinque soli contratti commerciali nel Palazzo Magistrale di Via Condotti, sede del Gran Maestro.
Uno di questi contratti è sottostimato di oltre 2,5 milioni l’anno. Nel 2023, il Ricevitore del Comun Tesoro aveva firmato un accordo preliminare con Tiffany & Co. per sostituire Hermès e portare i ricavi da 900mila a 5,5 milioni di euro l’anno. Non se ne è più saputo nulla.

Nel frattempo, il “fabbisogno manutentivo urgente” è passato da 1 milione nel 2014 a 12 milioni nel 2023, mentre l’Ordine continua a vendere beni per tappare i buchi di bilancio. Dal 2009 sono stati alienati 44 immobili per 16 milioni di euro, reinvestendone appena 1,3.

La giungla delle locazioni
Dietro la scandalosa inefficienza, un sistema gestionale disfunzionale e deresponsabilizzato. Come raccontano fonti interne, l’Ufficio Real Estate, sulla carta, dovrebbe gestire e valorizzare un patrimonio immenso, nel rispetto della missione di carità. In realtà è un ufficio fantasma: quattro comparti che non si parlano, zero coordinamento e un solo funzionario sommerso da un arretrato spaventoso di pratiche.

Il risultato? I poveri — quelli che l’Ordine dovrebbe proteggere — vengono buttati fuori di casa se non pagano. I ricchi, invece, se la ridono: affittano palazzi e ville a canoni ridicoli o, più spesso, non pagano affatto. Un sistema dove l’inefficienza diventa complicità. E dove, come sempre, a pagare è il giusto per il peccatore.

Un meccanismo che ha prodotto decine di posizioni morose, crediti inesigibili e contenziosi civili, simbolo di un Ordine dove la carità è rimasta sulla carta e la gestione dei beni è diventata una catena di omissioni e favoritismi.

A Roma, un immobile in via di Ripetta fu per anni la residenza di Gigi Marzullo; a Milano un ex dirigente dell’Ordine, oggi consulente, continua a vivere in un alloggio “di servizio”. E perfino l’Avvocato di Stato, ultraottantenne e pagato 400mila euro l’anno, gode di un alloggio a canone di favore per la sua domestica.

Emblematico poi il caso del pittore Luigi Serafini, che da oltre dieci anni occupa senza titolo un attico di 300 metri quadri nel cuore di Roma, a pochi passi dal Pantheon. Nonostante un debito accumulato di 187mila euro, Serafini continua a vivere nell’appartamento, trasformato in un vero e proprio museo personale. Ha persino proposto di saldare i debiti con le proprie opere d’arte, mentre l’Ordine, che avrebbe dovuto sfrattarlo, si è limitato a lasciare che la situazione incancrenisse. Pochi giorni fa si è celebrata un’altra udienza, ma l’esito non si conosce.

Altro esempio: un appartamento di pregio a Cortina d’Ampezzo, quattro camere e garage, affittato per anni a 12mila euro l’anno, meno di un terzo del valore reale di mercato. Il contratto era scaduto dal 2015 ma l’inquilino ha continuato a beneficiarne indisturbato fino al 2024.
E mentre i ricchi restano al caldo a canone di favore, decine di appartamenti popolari restano vuoti, in attesa di un regolamento che non arriva mai. Già tre anni fa era che quasi la metà dei beni era sfitto e che un terzo di quelli affittati avevano un contratto scaduto e non rinnovato.

I campi d’oro che non rendono
Il disastro non riguarda solo i palazzi. L’Ordine controlla 4.900 ettari di terreni agricoli, di cui 3.500 gestiti direttamente dalla società S.Agri.V.It. e 1.050 affittati a terzi. “Terre dei Cavalieri” è una delle proprietà agricole più grandi d’Italia tra coltivazioni di olivi, vigneti e allevamenti. Il rendimento complessivo però è di appena 800mila euro l’anno, una cifra ridicola. La stessa S.Agri.V.It versa all’Ordine solo 200mila euro di canone per i 3.500 ettari che utilizza, è gravata dai debiti e registra perdite strutturali che potrebbero addirittura farla chiudere. La società ha una perdita operativa che oscilla tra 750-820mila euro a seconda degli anni. Avendo debiti pari al capitale sociale, il “fallimento tecnico” è sempre dietro l’angolo. Le perdite sono coperte coi fondi del Gran Tesoro, sottraendo così risorse alle opere di carità.

Il bello – si fa per dire – è che c’era chi avrebbe affittato terreni a peso d’oro. Un’imprenditore del Trevigiano ha offerto 300mila euro l’anno per 200 ettari in Friuli. Si era anche impegnato a restaurare parte della Rocca Bernarda a Premariaccio, in provincia di Udine, oggi fatiscente. Un’operazione da 3,5 milioni in cinque anni, ignorata dai vertici e non una ma quattro volte: nel 2019, 2021, 2023 e 2024. “Le nostre proposte non hanno mai avuto risposta. Tutte inviate allo stesso indirizzo, sempre a nome di Amodeo. Poi silenzio totale. Una gestione assurda: sembrava che preferissero tenere i terreni abbandonati piuttosto che parlarne”. Giorgio Amodeo era già direttore finanziario e ora è direttore generale del Gran Magistero ed era ed è anche amministratore unico di Novecento Holding Srl, la società che controlla il 100% S.Agri.V.It. L’ultima mail con un’offerta risale al 6 dicembre scorso. Ed è stata inviata sempre a lui.

Il silenzio dei cavalieri
Dopo le pubblicazioni del Fatto, la segreteria del Gran Magistero ha inviato una circolare alle 115 ambasciate dell’Ordine nel mondo: nessuna smentita, solo l’invito al silenzio “per il bene dell’istituzione”.
Anche in Vaticano, dove Papa Francesco aveva cercato di riportare i frati alla vita comune e alla povertà evangelica, regna l’imbarazzo. E mentre i volontari continuano a pagare benzina e ambulanze di tasca propria, i dignitari si contendono rendite, titoli e palazzi. Un Ordine che predica la carità ma vive di rendite che la carità la soffocano. Un Ordine dove il voto di povertà vale meno di un contratto scaduto.

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