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Toscanini tra Puccini e Furtwängler: il libro che esplora i rapporti tra grandi maestri della musica

Un volume curato da Alessandro Avallone e Simone Di Crescenzo analizza le interpretazioni e i rapporti tra i grandi maestri della musica
Toscanini tra Puccini e Furtwängler: il libro che esplora i rapporti tra grandi maestri della musica
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Durante e dopo la pandemia. Con queste parole, Alessandro Avallone e Simone Di Crescenzo indicano l’arco temporale di un libro da loro molto ben curato per Leo S. Olschki: Musica, pensiero, interpretazione: Toscanini tra Puccini e Furtwängler. Il volume raccoglie gli Atti di due convegni internazionali promossi dalla Fondazione Toscanini e ospitati dall’Università di Parma nel 2021-2022.

Alberto Triola, allora sovrintendente e direttore artistico della Fondazione, ne tratteggia in apertura la concezione e la vicenda. I saggi vertono da un lato sugli esordi di Giacomo Puccini (1858-1924) e sui rapporti con Arturo Toscanini (1867-1957), direttore stellare; dall’altro, su concezioni e tecniche interpretative dello stesso Toscanini e di un altro direttore che fece epoca, Wilhelm Furtwängler (1886-1954). Nell’introduzione i due curatori focalizzano l’attenzione sul rapporto compositore/interprete, e più specificamente sulla posizione nevralgica e sul ruolo decisivo che la figura del direttore d’orchestra venne assumendo nel corso dei decenni.

Di certo, dal secondo Ottocento in giù, fino a Toscanini, Bruno Walter e Furtwängler, i direttori assunsero un prestigio e un potere fino ad allora inimmaginabile. Il rapporto fra Puccini e Toscanini non fu sempre sereno, ma in certi momenti l’ammirazione del compositore per il direttore fu esplicita. Se l’attenzione di Toscanini si concentrò sul rispetto assoluto del testo scritto – ma il concetto di ‘autenticità’ era allora molto diverso dall’attuale –, altro è il caso di Furtwängler, più portato a considerare se stesso come ‘improvvisatore’ o ‘co-creatore’ dell’opera d’arte.

Pertanto, nella sua visione, il direttore doveva cogliere le strutture e il pensiero della composizione mediante lo studio e l’analisi della partitura, considerata alla stregua di una “porta d’accesso all’opera compiuta”. Soprattutto per le opere della grande tradizione tedesca importava giungere “all’anima della composizione da un punto di vista poetico ed estetico”. Va detto tuttavia che a Furtwängler e agli altri artisti coevi sfuggiva il rapporto fra interpretazione e storia delle prassi esecutiva, oggi divenuto un cardine nella visione del rapporto opera/interprete.

Il volume è distinto in due parti. La prima, dedicata a Toscanini e Puccini esordienti, nonché alla Scapigliatura milanese, contiene saggi del curatore Avallone, di Stefano Baia Curioni e Marco Capra. Gabriella Biagi Ravenni, puccinista di lungo corso, e Martin Deasy offrono un ricco quadro delle Willis, l’opera del debuttante Puccini, in rapporto alla cultura e alla società d’intorno al 1880. Nella seconda parte ci si inoltra nella considerazione dell’arte e della cultura di Toscanini e Furtwängler. Martin Fischer-Dieskau traccia un vivido profilo dei lati più o meno espliciti nella personalità di questi “direttori involontari”: nessuno dei due aveva infatti previsto in origine di imboccare la carriera direttoriale (talvolta il caso, il destino, decidono bene al posto nostro…). Ne deriva un’analisi delle competenze e qualità che direttori diversi posseggono in un dosaggio variabile; dall’altro lato ci si sofferma sulla visione che il pubblico matura nei confronti di questi artisti, in senso positivo o negativo.

Seguono altri contributi specifici sull’arte di Toscanini: Carlo Lo Presti documenta le esecuzioni della Sinfonia di un’opera fortunata ai suoi dì e oggi dimenticata, Sargino di Ferdinando Paer (1803). Sulla base delle partiture annotate e della discografia, Paolo Russo e Cesare Fertonani comparano l’interpretazione che i due direttori diedero di pagine sinfoniche beethoveniane, l’ouverture Coriolan e la Sesta. Sempre in ambito germanico, Maurizio Giani mette a confronto i loro Meistersinger wagneriani. Nell’ultimo articolo, sulla direzione di Otello, il compianto Antonio Rostagno, mancato nell’autunno 2021, guarda all’arte dei due maestri dal punto di vista dell’ascoltatore: se Toscanini proietta “l’ascoltatore nel dramma dell’io distrutto da sé stesso, come è comune nell’arte di fin de siècle”, Furtwängler esige invece “un ascolto oggettivo, astratto, attento, lontano e vigile”.

Un’analisi sottile, che propone due linee interpretative parallele del capolavoro verdiano. Non sono certo le uniche possibili, per un’opera complessa e difficile come Otello.

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