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“Figlio mio, stai tornando a casa. Per la prima volta respiriamo”: gli ostaggi telefonano alle famiglie prima del rilascio

Hamas concede ai rapiti di telefonare ai parenti poco prima di fare ritorno a casa
“Figlio mio, stai tornando a casa. Per la prima volta respiriamo”: gli ostaggi telefonano alle famiglie prima del rilascio
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Matan, stai tornando a casa. State tutti tornando a casa. Grazie a Dio la guerra è finita. Stai tornando a casa. La mia vita ti aspetta”. L’attesa, le incognite sulla salute, gli abbracci ai famigliari dopo oltre due mesi di cattività. Chi parla è Einav, la madre di Matan Tsengauker, 25 anni: i miliziani di Hamas, a poche ore dalla sua liberazione, gli hanno concesso di chiamare la madre, che dal primo istante del suo rapimento lotta per riaverlo. La loro chiamata è stata trasmessa in diretta sul grande schermo in piazza degli ostaggi a Tel Aviv. Matan non è il solo ad avere chiamato i famigliari: Silvia Cunio ha parlato con i suoi figli David e Ariel Cuneo, e la famiglia Cohen ha parlato con il soldato rapito Nimrod. Silvia ha dichiarato a Keshet News: “Stanno bene. All’inizio ho pianto perché non riconoscevo il numero, ma stanno bene. Hanno chiamato la loro madre! Che emozione, Dio. Non ci posso credere, non ci posso credere, wow, David sta piangendo e Ariel è con lui. Non ci posso credere”. Yotam Cohen, fratello di Nimrod, ha detto: “Che uomo, è sopravvissuto a due anni di prigione e tra un secondo tornerà a casa. Forza! Per la prima volta da tanto tempo, le cose vanno bene. Abbiamo visto Nimrod, più bello che mai. È stata una conversazione di pochi secondi e lui ha detto che stava bene e che ci voleva bene. Volevamo solo vederlo e tra un attimo lo avremmo abbracciato. Abbiamo trattenuto il respiro e poi lui ci ha chiamato, per la prima volta siamo riusciti a respirare”. L’emozione, la tensione sono altissime. “Siamo emozionati e felici, stiamo aspettando che arrivi. Lasciamolo tornare a casa, lo abbracceremo e gli diremo che il suo incubo è finalmente finito”, ha detto a Ynet il padre di Guy Gilboa-Dalat, uno dei primi ostaggi rilasciati. “Non lo abbandoneremo mai nelle nostre vite”, ha aggiunto.

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