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Ultimo aggiornamento: 11:12 del 7 Ottobre

La vita senz’acqua dei palestinesi in Cisgiordania, così il controllo israeliano delle risorse idriche strangola l’agricoltura locale

La denuncia di Oxfam che ha lanciato la campagna per fermare il commercio con gli insediamenti dei coloni israeliani
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Un colono israeliano consuma in media 247 litri al giorno di acqua, mentre un palestinese in Cisgiordania ne può utilizzare 82,4 al giorno, ben al di sotto del minimo di 100 litri raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Israele ha il totale controllo delle risorse idriche in Cisgiordania e questo crea delle grosse disparità nell’accesso all’acqua sia per uso personale che per uso agricolo o lavorativo, con un impatto devastante sull’economia palestinese. È uno degli aspetti che denuncia Oxfam nella sua campagna Stop al commercio con gli insediamenti illegali” (QUI SI PUO’ ADERIRE ALL’APPELLO), con cui, insieme ad altre decine di ong chiede all’Ue e al Regno unito di mettere al bando le relazioni commerciali con gli insediamenti dei coloni israeliani. “Un tempo ci rifornivamo alla sorgente della cascata Al-Ajoua per alimentare le vasche di raccolta agricola” spiega un agricoltore palestinese nella quarta puntata dei videoracconti diffusi da Oxfam a sostegno della campagna. “Ora non c’è più acqua disponibile. Si sono prosciugate”.

Secondo stime 2009 della Banca Mondiale, l’acqua per irrigazione raggiunge soltanto il 35% dei terreni agricoli palestinesi che ne hanno bisogno. “Il muro di separazione illegale eretto da Israele – denuncia Oxfam nel suo rapporto – ha inasprito il controllo sulle risorse idriche palestinesi, soprattutto sulle acque freatiche nel bacino occidentale della Cisgiordania. La costruzione del muro nel 2002 ha precluso l’accesso a 20 pozzi palestinesi esistenti già prima dell’occupazione e che producevano 4 milioni di metri cubi all’anno, ossia circa il 20% del volume totale estratto dai palestinesi dal bacino occidentale”. Le disparità nell’accesso all’acqua per irrigare i campi si traduce per l’economia palestinese in perdite pari al 10% del Pil e circa 110mila posti di lavoro in meno.

LA CAMPAGNA Stop trade with settlements è la campagna per chiedere all’Unione Europea e al Regno Unito di interrompere ogni relazione commerciale con gli insediamenti israeliani. Oltre a Oxfam hanno aderito Acli, Acg-ngo, Amnesty International Italia, Aoi, Arci, Ciss, Cnca, Cospe, Cric, Emmaus, First Social Life, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Gruppo Abele, Libera, Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente, Pax Christi, Rete Humus, Rete Italiana Pace e Disarmo, Un Ponte Per, Vento di Terra.

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