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Sclerosi laterale amiotrofica, una “componente autoimmune” tra le cause. Lo studio su Nature

La scoperta potrebbe indicare la strada per la messa a punto di future terapie
Sclerosi laterale amiotrofica, una “componente autoimmune” tra le cause. Lo studio su Nature
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C’è una componente autoimmune che causa la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) o ad alimentarne la progressione? A questa domanda hanno risposto affermativamente con uno studio un team di scienziati che hanno pubblicato le loro conclusioni su Nature. Il meccanismo autoimmune, cioè un malfunzionamento del sistema immunitario, per errore, attacca e danneggia le cellule del sistema nervoso secondo l’analisi dei ricercatori tra cui l’italiano Alessandro Sette, del La Jolla Institute for Immunology, in California. La scoperta potrebbe indicare la strada per la messa a punto di future terapie.

La Sla è una malattia neurodegenerativa che comporta la progressiva perdita dei motoneuroni, con conseguente paralisi. “A lungo è stato ipotizzato che un processo autoimmune, che coinvolge specifiche cellule T, medi la rapida perdita di neuroni durante la malattia. Tuttavia non è stata riportata nessuna prova diretta di questa risposta”.

Lo studio fornisce proprio questa prova. I ricercatori hanno infatti identificato una famiglia di cellule del sistema immunitario (linfociti T CD4+) che aggrediscono una proteina (denominata C9orf72) che si trova nei neuroni. Nei test, i pazienti con Sla che possedevano popolazioni linfociti T CD4+ particolarmente attive andavano incontro a una progressione molto rapida della malattia.

Al contrario, la presenza di altre cellule immunitarie, di tipo ‘antinfiammatorio’ rallentava l’aggressione dei linfociti. Secondo i ricercatori questo meccanismo potrebbe spiegare non soltanto le modalità attraverso cui avviene il danno ai neuroni, ma anche perché alcune forme di Sla progrediscono molto velocemente mentre altre hanno un decorso molto più lento. “C’è una componente autoimmune nella Sla; questo studio ci fornisce indizi sul perché la malattia progredisca così rapidamente e ci indica anche una possibile direzione per il trattamento della malattia”, afferma in una nota uno dei coordinatori dello studio, David Sulzer, del Columbia University Irving Medical Center di New York.

Lo studio su Nature

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