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Le badanti portano la Moldavia in Europa: la Ue non vuole immigrati, ma è grazie a loro se si allarga a est

In Moldavia il voto della diaspora è stato decisivo per la vittoria europeista. Una lezione per l'Europa che respinge gli immigrati
Le badanti portano la Moldavia in Europa: la Ue non vuole immigrati, ma è grazie a loro se si allarga a est
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di Francesco Vietti*

Le elezioni che si sono tenute in Moldavia hanno avuto una risonanza ben più ampia di quanto sarebbe accaduto solo qualche anno fa, quando il voto dei cittadini moldavi non interessava a nessuno, né in Italia né in Europa. Non stupisce, dunque, che le analisi che vengono oggi proposte nel dibattito pubblico tendano a semplificarne la lettura, riducendola all’osso: i “filo-europei” battono i “filo-russi”. In realtà, vista da vicino, la situazione è ben più complessa.

La prima, vera buona notizia è che tutto il processo elettorale si è tenuto entro dei limiti accettabilmente democratici e pacifici. Nonostante da tre anni si tema un allargamento della guerra in Ucraina che finisca per coinvolgere direttamente la Moldavia, la sfida è rimasta nell’ambito del confronto politico. Si sono scontrate diverse idee del mondo e del futuro, a colpi di promesse, menzogne e propaganda, come del resto sempre accade. Al di là delle accuse reciproche di brogli, ha vinto chi in questo momento aveva più da offrire all’elettorato: un percorso di inclusione nell’Unione Europea accompagnato dal trasferimento di risorse economiche che permettano di realizzare infrastrutture e aumentare il benessere della società.

Se l’esito finale è stata la netta vittoria del Partito di Azione e Solidarietà (Pas) della Presidente Maia Sandu, la scomposizione del risultato permette di sviluppare qualche interessante riflessione. Innanzitutto, scorporando i voti espressi all’interno dei confini moldavi da quelli dei seggi collocati all’estero, il panorama appare molto meno polarizzato: il Pas ha ottenuto da tutti gli elettori residenti in Moldavia il 44% delle preferenze, il Blocco Patriottico il 28%. Ciò che resta a dividere i due schieramenti principali è andato ad altre forze politiche, tra cui il blocco Alternativa (9%) guidato dal sindaco della capitale Chișinău e dal principale concorrente di Maia Sandu alle ultime elezioni presidenziali; e il Nostro Partito (6%), fondato dal sindaco di Bălți, seconda città del paese per importanza, dove tradizionalmente si concentra una numerosa comunità russofona.

Durante la campagna elettorale, il Pas e i suoi sostenitori nella Ue hanno accusato questi partiti politici di essere “ambigui”, negando quanto appare invece evidente a chi frequenti il paese: ossia che a far da ponte tra gli opposti radicalismi, c’è una significativa componente della società moldava che, pur essendo europeista, non è anti-russa. Si tratta di cittadini che riconoscono il carattere plurilingue e multiculturale della Moldavia, in cui da secoli convivono radici romene, ucraine, russe e turche. La regione della Bessarabia è da sempre una regione di frontiera, in cui ogni famiglia ha parentele miste che richiamano la memoria di un passato condiviso e di un futuro che, finita la guerra, si auspica ancora in comune.

Il prossimo governo moldavo dovrà tenere conto dei timori che questa fetta di popolazione esprime, ossia il rischio che un’accelerazione del percorso di adesione alla Ue porti a una spaccatura profonda nella società con l’obiettivo di marginalizzare il dissenso e negare qualunque discorso critico nei confronti del riarmo europeo e della militarizzazione del suo fianco orientale.

La seconda considerazione riguarda invece chi ha effettivamente permesso al Pas di raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi nel prossimo Parlamento: gli emigrati moldavi che vivono nei paesi dell’Unione Europea. Del milione e 600 mila voti validi espressi, circa 280 mila sono arrivati dalla diaspora (il 18% del totale). Tra chi vive all’estero, il 79% ha votato per il Pas (poco meno di 220 mila preferenze) e nessun altro partito è andato oltre il 5%. Nei 75 seggi aperti in Italia, dove si trova una delle comunità moldave più numerose, hanno votato 80 mila persone: oltre 62 mila hanno scelto il Pas. Il voto degli emigrati era già stato decisivo nelle precedenti elezioni presidenziali per la conferma di Maia Sandu e nel risicato successo del referendum per l’inserimento formale della prospettiva di adesione alla Ue nella Costituzione moldava.

La Moldavia è in effetti uno dei pochi paesi al mondo dove la diaspora è così numerosa da poter influenzare in modo decisivo il destino politico del proprio paese. È l’effetto di quelle che vengono chiamate “rimesse sociali”: vivendo all’estero si incorporano idee e visioni del mondo che vengono poi trasferite nel contesto d’origine, con l’obiettivo di ricucire le distanze tra le proprie esperienze di vita. Le migliaia di donne moldave emigrate in Europa con grandi difficoltà per lavorare come “badanti” prendendosi cura nei nostri anziani e malati sono state le prime sostenitrici di Maia Sandu, votandola quando era ancora agli inizi della sua esperienza politica. Ora, passate attraverso le fatiche dei lunghi viaggi in pulmino per tornare a casa a trovare i propri figli, del lavoro in nero, dei permessi di soggiorno ottenuti solo grazie a una sanatoria, hanno finalmente la loro rivincita.

Un bell’insegnamento anche per l’Europa che innalza muri contro l’arrivo degli immigrati e che vorrebbe trasformarsi in “porcospino d’acciaio”: meglio piuttosto aprire le porte a chi vuole ancora venire da noi e favorirne la partecipazione attiva alla nostra società. Se nella sfida geopolitica con la Federazione Russa che continuerà a est nei prossimi anni l’Europa può contare in buoni alleati, questi sono proprio gli immigrati che prova a bloccare alle sue frontiere.

*antropologo dell’Università di Torino

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