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Il presidente colombiano Petro: “Serve un esercito di salvezza per liberare la Palestina”. Gli Usa gli revocano il visto

Il Dipartimento di Stato parla di "azioni incendiarie e spericolate" del leader di Bogotá nelle strade di New York, da dove avrebbe "incitato alla violenza" e chiesto "ai soldati Usa di disobbedire agli ordini"
Il presidente colombiano Petro: “Serve un esercito di salvezza per liberare la Palestina”. Gli Usa gli revocano il visto
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Colpirne uno per educarne cento. Lo schema, antico ma efficace, si conferma nella recente revoca del visto Usa al presidente colombiano, Gustavo Petro, annunciata dal Dipartimento di Stato per le presunte “azioni incendiarie e spericolate” del leader di Bogotá nelle strade di New York, da dove avrebbe “incitato alla violenza” e chiesto “ai soldati Usa di disobbedire agli ordini”, si legge nell’account X @StateDept.

“Non ho nulla contro il popolo ebreo, né contro Israele, dove ho tanti amici”, ha chiarito il presidente colombiano, durante la manifestazione contro il genocidio a Gaza che si è tenuta venerdì a Manhattan, ribadendo l’intenzione di proporre all’80ª Assemblea generale dell’Onu l’idea di costituire “un esercito per la salvezza del mondo con la finalità di liberare la Palestina“. Petro, che impugnava un megafono, ha aggiunto che “basterebbe il sostegno di due terzi” dell’Assemblea, a far nascere l’esercito che “dovrà essere più grande di quello statunitense” per “far rispettare il diritto internazionale”. Poi ha rivolto l’appello ai soldati Usa a “disobbedire agli ordini di Trump” e “non puntare i fucili contro l’umanità”. L’idea era già stata lanciata dal presidente colombiano nel suo discorso al Palazzo di Vetro, dov’è stata approvata la storica risoluzione per la soluzione a due Stati, proposta da Francia e Arabia Saudita, con 142 voti favorevoli.

Balza all’occhio la disinformazione con cui la notizia è circolata tra gli esuli latinos. Sui social qualcuno ha scritto che Petro è stato “espulso dagli Stati Uniti”, mentre la decisione è stata annunciata quando Petro era già sul volo di ritorno a Bogotá. A sua volta, il ministro dell’Interno colombiano Armando Benedetti ha contestato la decisione sostenendo che Washington dovrebbe “togliere il visto a Netanyahu”, ma “l’impero lo protegge” e “se la prende con l’unico presidente capace di dire la verità in faccia” al premier israeliano. Tradotto: “La verità”, detta da un subalterno, nel cuore dell'”impero” e contro Netanyahu, comporta la revoca del visto al presidente di uno Stato sovrano.

Qualche precedente si è verificato a metà luglio, quando, sempre per volontà del senatore Marco Rubio, Washington ha imposto restrizioni ai visti del presidente cubano Miguel Díaz-Canel e ai suoi ministri per il loro “ruolo brutale contro il popolo” in riferimento alle proteste tenutesi l’anno scorso nell’Isola.

“Quanto mi è stato fatto dal governo degli Usa rompe tutte le norme di immunità su cui si fondano le Nazioni Unite”, ha denunciato Petro su X una volta rientrato a Bogotá, aggiungendo che “dividere gli Stati Uniti e la Colombia è ciò di cui le mafie hanno bisogno”. Del resto, la posizione di Bogotá su Tel Aviv resta invariata, laddove l’attuale leader di Palazzo di Nariño è diventato pioniere di una serie di misure di pressione contro la strage a Gaza tra cui il divieto per Decreto (n. 0949 del 28 agosto) all’esportazione di carbone colombiano verso Israele “di fronte alla persistenza di atti bellici contro il popolo palestinese” e la rottura delle relazioni bilaterali tra i due Paesi annunciata il 1° maggio 2024 da Bogotá, che – si legge nella nota rilasciata dalla Cancelleria – “non può restare indifferente di fronte all’enorme e indescrivibile sofferenza umana” causata dal “genocidio” in atto, dai “crimini di guerra” e dalle “violazioni del Diritto internazionale umanitario”.

Lo scontro però non si limita al piano istituzionale e attraversa la biografia stessa del presidente colombiano, che proprio a New York ha ricordato l’esperienza di addestramento vissuta nei campi libici, insieme all’Organizzazione per la liberazione della Palestina, per conto dell’estinto Movimento di guerriglia “19 de Abril” di cui l’attuale capo di Stato fece parte. Inoltre, due settimane fa, nella località di Popayán, Petro, che è anche italo-discendente, ha manifestato l’intenzione di rinunciare “pubblicamente” alla “cittadinanza italiana” e anche “europea”, se “l’Europa continua a sostenere le bombe che cadono su Gaza”.

Tali posizioni rompono la tradizione atlantista del Paese sudamericano e rafforzano l’ostilità degli Stati Uniti, che con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca hanno messo in pratica una serie di politiche ostili contro Bogotá, che vanno dai rimpatri forzati di colombiani espulsi dagli Usa, sotto la minaccia dei dazi, alla recente squalifica del Paese in materia di narcotraffico: assist vero e proprio alle destre in vista delle presidenziali del 2026.

Il braccio di ferro tra Washington e Bogotá rientra in un nuovo tentativo egemonico degli Usa verso il Sud, con tanto di navi da guerra nei Caraibi, sanzioni e prove di forza, che talvolta rafforzano i temuti sentimenti anti-statunitensi della Regione. Anche nel nome di Gaza.

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