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Tajani: “Alberto Trentini e Mario Burlò hanno ricevuto una visita consolare in carcere a Caracas”

I due cittadini italiani, in carcere in Venezuela, hanno ottenuto l'incontro con un diplomatico italiano. "Sono stati trovati in buone condizioni, anche se un po' dimagriti"
Tajani: “Alberto Trentini e Mario Burlò hanno ricevuto una visita consolare in carcere a Caracas”
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“Avevano chiesto fortemente una visita consolare, è stata autorizzata e quindi vuol dire che anche il regime di detenzione si è leggermente alleggerito”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a margine dell’assemblea generale dell’Onu a New York, ha annunciato che il cooperante italiano Alberto Trentini e l’imprenditore torinese Mario Burlò, entrambi detenuti a Caracas, hanno ricevuto una visita consolare. “Si è appena conclusa la visita consolare a Trentini e Burlò, i due italiani detenuti in Venezuela sono stati trovati in buone condizioni, anche se un po’ dimagriti, quindi questo è un segnale secondo me positivo perché per la prima volta è stato possibile per il nostro ambasciatore andare a incontrare questi due italiani detenuti”, ha detto Tajani parlando alla stampa.

Trentini, l’operatore umanitario trattenuto senza accuse nel carcere venezuelano de El Rodeo I, ha finalmente incontrato l’ambasciatore italiano a Caracas, Giovanni Umberto De Vito, il quale, a seguito del nulla osta delle autorità venezuelane, ha potuto constatare le condizioni detentive del 46enne veneto, dopo più di dieci mesi di prigionia, silenzio e attese. È la prima volta che, dal 15 novembre 2024, giorno del suo arresto nella località di Guasdualito, qualcuno lo incontra al di fuori della struttura penitenziaria, lo guarda negli occhi e lo sente parlare. Già lo scorso 17 maggio, a margine della prima chiamata di Trentini alla madre, Armanda Colusso, fonti di Caracas avevano riferito a Ilfattoquotidiano.it l’intenzione del governo venezuelano di aprire alla visita consolare “al più presto”. La visita, sia per Trentini che per Burlò, rientra quindi in una serie di “gesti distensivi compiuti dal governo (venezuelano, ndr) al fine di ripristinare il dialogo e con le cancellerie occidentali e persino con gli Stati Uniti” nell’auspicio di “porre fine a isolamenti, escalation e altre forme di aggressione”, commentano da Caracas a Ilfattoquotidiano.it. Non si tratta quindi di un risultato in sé, bensì di un altro passo verso la liberazione di Trentini. E al di là della visita, possibile anche per altre cancellerie, il governo è tenuto, in prima persona, a “cercare il canale e contattare il presidente Maduro“, come richiesto dalla madre di Alberto, Armanda Colusso a Ilfatto.it, il 17 settembre, a margine dell’udienza per il processo di Giulio Regeni.

“Non si può più aspettare”, aggiungeva Armanda, in quanto “Alberto non può più restare chiuso, senza contatti con l’esterno”. Alla sua voce si era aggiunta anche quella dei genitori del ricercatore ucciso al Cairo, Paola Deffendi e Claudio Regeni, che hanno esortato il governo a “una tempestività reale” e a “un intervento deciso” per “liberare Alberto il prima possibile”. Nell’occasione era intervenuta anche la legale, Alessandra Ballerini, sottolineando che la vicenda di Trentini va “trattata con tutte le cautele del caso” in quanto si è di fronte a “un ostaggio, non una persona che ha commesso un reato”. Nel frattempo prosegue la mobilitazione dal basso con più di 200 giorni di digiuno a staffetta e la raccolta firme su change.org che si avvicina alle 200mila.

Guardando oltreoceano: in Venezuela si contano quasi novecento prigionieri a sfondo politico, di cui ottantanove stranieri, molti di loro occidentali, detenuti nell’ambito della crisi politica innescata nell’estate 2024, dopo la rielezione di Maduro, tuttora contestata dall’ex-candidato oppositore Edmundo Gonzalez Urrutia, in esilio a Madrid, e non riconosciuta dagli Stati Uniti né dai ventisette Paesi Ue. Molti di questi casi sono stati denunciati anche in sede Onu, nell’ambito del Consiglio per i diritti umani, in un dossier presentato il 22 settembre a New York, nel quale si denunciano “repressione”, “violazione dei diritti umani” e “insabbiamenti” nei confronti degli oppositori. Nel frattempo le autorità di Caracas provano a smentire il documento, attraverso atti di clemenza, almeno nei confronti degli stranieri che rimangono dietro le sbarre. Tuttavia, le recenti tensioni tra Palazzo di Miraflores e la Casa Bianca impongono l’urgenza di fare presto.

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