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Condannato per diffamazione Alessandro Sallusti: definì Scurati “uomo di M.”

Per il giudice il diritto alla satira deve rispettare il "limite della correttezza e continenza. L’uso iperbolico dell’espressione "uomo di M" non appare in alcun modo funzionale all’esercizio del diritto di critica".
Condannato per diffamazione Alessandro Sallusti: definì Scurati “uomo di M.”
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Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, è stato condannato dal tribunale civile di Milano per aver diffamato lo scrittore Antonio Scurati, autore della serie di romanzi storici su Mussolini. In un suo editoriale del 2022 aveva definito l’autore “l’uomo di M.”, un insulto non troppo velato nascosto dietro la ripresa dei titoli della trilogia: “M. Il figlio del secolo”, “M. Uomo della provvidenza”, “M. Gli ultimi giorni dell’Europa”.

Come riporta Repubblica, l’editoriale di Sallusti, pubblicato sulla prima pagina di Libero, titolava “Il principe dei rosiconi. L’uomo di M” ed era corredato con una foto di Scurati. Il testo faceva riferimento a un’intervista rilasciata a un importante sito francese”, nella quale “Scurati ha definito Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia “gli eredi di Mussolini” e in quanto tali pericolosi per l’Italia, l’Europa e penso l’umanità intera”. Più volte nel testo compariva l‘appellativo “uomo di M”, che Sallusti attribuisce, dice la sentenza, allo scrittore e che costituisce il motivo di querela. Secondo Scurati, rappresentato dagli avvocati Giulio Enea Vigevani e Carlo Melzi D’Eril, “questa definizione sarebbe equivalente all’espressione infamante “uomo di merda” e non al nome della trilogia dei suoi romanzi”.

Il giudice nella sentenza scrive che “a differenza del diritto di cronaca, il diritto di critica, quale modalità sovente corrosiva e spesso impietosa se esercitato nelle forme della satira, è sottratto al parametro della verità, in quanto esprime, mediante il paradosso e la metafora surreale, un giudizio ironico su un fatto”. Ma anche la satira “non sfugge al limite della correttezza e continenza delle espressioni e delle immagini utilizzate”. In questo caso, si evidenzia nella sentenza “l’uso iperbolico dell’espressione “uomo di M” non appare in alcun modo funzionale all’esercizio del diritto di critica”.

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