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Giustizia, nuovo sciopero dei lavoratori “usa e getta” del Pnrr. Anm: “Stabilizzarli o il sistema collasserà”

Fp Cgil ha indetto per martedì 16 settembre la mobilitazione nazionale dei 12mila lavoratori che rischiano di perdere il posto alla scadenza dei contratti, il 30 giugno 2026
Giustizia, nuovo sciopero dei lavoratori “usa e getta” del Pnrr. Anm: “Stabilizzarli o il sistema collasserà”
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La Fp Cgil ha indetto per martedì 16 settembre uno sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori precari del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria assunti con i fondi del Pnrr. Si tratta 12mila persone, tra operatrici e operatori degli uffici per il processo, addetti ai data entry e funzionari tecnici. Dopo anni di lavoro a rincorrere gli obiettivi del Pnrr, rischiano di perdere il posto alla scadenza dei contratti, il 30 giugno 2026. Al momento solo tremila hanno la garanzia di una stabilizzazione; altri tremila attendono le risorse promesse nella prossima legge di bilancio, ma dal ministero della Giustizia non arriva ancora alcuna indicazione sui tempi e sulle modalità di selezione. E fin d’ora non sembrano esserci speranze per gli altri seimila, senza dimenticare i tanti che l’assenza di prospettive ha già costretto a guardare altrove, magari in altri comparti della pubblica amministrazione, come raccontano al Fatto alcuni lavoratori.

Il loro contributo è stato riconosciuto come fondamentale per l’ammodernamento del sistema giudiziario, inclusa la riduzione dell’arretrato e l’innovazione digitale. E l’intenzione del governo di stabilizzare solo una parte del personale è considerata un duro colpo per l’intero sistema giustizia, già segnato da croniche carenze di personale, come ricorda il sindacato e da sempre denuncia l’Associazione nazionale magistrati (Anm) che solidarizza coi precari in sciopero. La protesta di martedì 16 segue la precedente mobilitazione di fine giugno, indetta anche da Uilpa e Usb con lo slogan “Abbattiamo l’arretrato, come premio il precariato”. Anche in quell’occasione, a un anno dalla scadenza dei contratti, i precari denunciavano l’assenza di certezze che aveva già portato molti funzionari ad abbandonare gli uffici giudiziari in cerca di stabilità.

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha espresso piena solidarietà ai lavoratori: “Come Cgil chiediamo che i 12mila lavoratori assunti per ora in forma precaria siano stabilizzati e continuino così a lavorare. Sono lavoratrici e lavoratori che per tre anni hanno portato avanti il lavoro nei tribunali, nelle corti d’appello e negli uffici del ministero della Giustizia. Tutto questo è inaccettabile”. Landini ha inoltre sottolineato che “in un settore come quello della Giustizia bisogna aumentare i posti di lavoro, non perdere quelli che già ci sono”. La Giunta Esecutiva Centrale dell’Anm ha dichiarato che “la giustizia italiana ha bisogno in via strutturale del lavoro di tutti questi lavoratori, anche dopo la scadenza del Pnrr per evitare un “collasso” del sistema. Il lavoro dei magistrati è indissolubilmente legato a quello del personale amministrativo e tecnico: non può esserci giustizia efficiente senza la stabilità e la valorizzazione di chi garantisce il corretto funzionamento degli uffici”. E chiede “che il governo e il Parlamento individuino soluzioni immediate e strutturali per assicurare la continuità e la stabilizzazione degli addetti all’ufficio per il processo”.

Lo sciopero mette il dito nella piaga: il sistema resta afflitto dalla carenza strutturale di personale, con 15mila addetti mancanti e ulteriori 5mila prossimi alla pensione. Mentre la pianta organica dei magistrati registra un deficit di 1.800 unità, pari al 17 per cento, che sale al 40 per cento se si considerano tutte le figure professionali. Il processo civile italiano, con una durata media di 1900 giorni – quasi cinque anni e un mese – è ben lontano dai 1500 giorni imposti dalle scadenze del Pnrr. Per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei tempi, resta ancora da smaltire il 20 per cento di “abbattimento”, pari a oltre un milione di pronunce da adottare in poco più di nove mesi. Secondo le toghe, che criticano il governo per non averle mai consultate sul Pnrr per le misure “di propaganda”, gli obiettivi di riduzione dei tempi quasi certamente non saranno raggiunti. Le soluzioni d’emergenza, come il reclutamento di giudici “a cottimo”, sono considerate palliativi e “orientano a obiettivi meramente statistici”. La responsabilità dei “vuoti” è politica e ministeriale, ribadendo la necessità di coprire gli organici e di stabilizzare l’ufficio per il processo.

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