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Proteste in Nepal contro il blocco dei social deciso dal governo, la polizia spara sui manifestanti: almeno 20 morti

La decisione del governo nepalese presa per creare "un ambiente per la protezione e il libero esercizio". I cori dei manifestanti "Fermate la corruzione, non i social media"
Proteste in Nepal contro il blocco dei social deciso dal governo, la polizia spara sui manifestanti: almeno 20 morti
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Sono almeno 20 i manifestanti uccisi dalla polizia durante gli scontri a Kathmandu: più di 250 i feriti. Le proteste sono esplose nella capitale del Nepal per la decisione da parte del governo di bloccare 26 piattaforme social, incluse Facebook, Instagram e YouTube. Lo scorso giovedì 4 il ministero delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione aveva ordinato il blocco dei social network che non si erano registrati e posti sotto la supervisione del governo. In base ad una sentenza della Corte Suprema del 2023, era stato deciso di imporre la nomina di un rappresentante locale e di una persona responsabile della regolamentazione dei contenuti.

La decisione di attivare il blocco ha fatto infuriare la popolazione locale, incitati anche da numerosi video circolati in rete che mostrano lo stile di vita lussuoso dei figli dei politici. In una dichiarazione diffusa ieri, il governo ha negato qualsiasi tentativo di minare la libertà di pensiero e di espressione e ha sostenuto che la sua decisione mirava a creare “un ambiente per la loro protezione e il loro libero esercizio”.

I manifestanti hanno invaso le strade della capitale intorno al palazzo del parlamento, hanno poi sfondato il filo spinato e costretto la polizia antisommossa a ritirarsi all’interno del complesso parlamentare. Le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco sui manifestanti. La situazione resta ancora tesa e il governo ha annunciato il coprifuoco per le zone circostante agli edifici di governo, alla residenza presidenziale e alle zone chiave della città. “Fermate la corruzione, non i social media“, cantava la folla fuori dal Parlamento, sventolando le bandiere nazionali. La manifestazione è stata definita come la protesta della Generazione Z. Dopo che le proteste sono state soffocate nel sangue, il ministro degli Interni, Ramesh Lekhak, ha presentato al primo ministro, KP Sharma Oli, le sue dimissioni durante una riunione di governo assumendosi la ”responsabilità morale” per i morti durante le sommosse.

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