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Dopo Astaldi, tocca a Pizzarotti: lo Stato imprenditore con Fs tenta un altro salvataggio – Replica

Se lo Stato con Astaldi era diventato “imprenditore” nel settore delle costruzioni, oggi è sulla stessa strada per un altro grande gruppo in crisi: Pizzarotti con 1,8 miliardi di debiti
Dopo Astaldi, tocca a Pizzarotti: lo Stato imprenditore con Fs tenta un altro salvataggio – Replica
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Non sono bastati i consistenti investimenti pubblici per le grandi opere civili e infrastrutture di trasporto come l’alta velocità o la Brebemi, per salvare i grandi costruttori edili dalla crisi.

Nel 2018 Salini Impregilo presentò una manifestazione di interesse per la Astaldi, secondo gruppo italiano che chiese al Tribunale di Roma il concordato in continuità aziendale, perché indebitata di 2 miliardi di euro. Salini Impregilo ha approvato l’aumento di capitale da 600 milioni finalizzato al salvataggio di Astaldi e all’implementazione di Progetto Italia, il nuovo polo delle costruzioni. Con il via libera a Progetto Italia di Cassa depositi e prestiti, si è dato supporto attraverso Cdp Equity (Ministero dell’Economia) insieme ai creditori (Banche) hanno concordato il salvataggio di Astaldi. Alla fine dell’iter si darà vita a Webuild con 35,72% delle azioni in mano a Salini, 16,47 a Cdp Equity, 2,5 di azioni proprie e il 45% flottante.

La premessa per raccontare che se lo Stato ieri aveva salvato Astaldi ed era diventato “imprenditore” nel settore delle costruzioni, oggi è sulla stessa strada per un altro grande in crisi, Pizzarotti. Il gruppo Pizzarotti ha circa 1,8 miliardi di debiti che non riesce a rinegoziare. In questa fase l’azienda è in procedura di composizione negoziata della crisi, proprio come lo era Astaldi.

Il gruppo FS ha presentato alla holding di Parma una manifestazione di interesse per rilevare un segmento della la produzione di traverse ferroviarie, attraverso la divisione Prefabbricati e la controllata Traversud. Le banche creditrici stanno sollecitando un cambio di governance. Ora lo Stato non entrerebbe con il ministero dell’Economia, ma con il gruppo FS. Il piano di risanamento prevederebbe anche la conversione in capitale di un prestito da circa 100 milioni, erogato nel 2021 dal Ministero dell’Economia tramite la Cdp, che già aveva cominciato a sostenere l’impresa.

L’impegno di FS al momento non sarebbe vincolante e resterebbe subordinato a una verifica economica (due diligence), alla definizione precisa del perimetro degli asset da rilevare e alla condivisione di un prezzo. Ferrovie ha creato al suo interno un gruppo di lavoro di “Integrazione verticale costruzioni” per gestire l’acquisizione di società di grandi opere.

La strategia di FS, voluta dall’ad Stefano Donnarumma, punterebbe a inglobare attività connesse al core business ferroviario, come la realizzazione di linee AV/AC, gallerie e viadotti. Così il gruppo FS, come i grandi concessionari autostradali, Aspi con Pavimental o il Gruppo Gavio con Itinera: una sempre più grande galassia pubblica del gruppo FS è guidata da RFI, focalizzata sulla gestione e sullo sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria nazionale.​ poi ANAS S.p.A., focalizzata sulla gestione e manutenzione della rete stradale e autostradale italiana.​

FS Logistix, che gestisce il trasporto merci e la logistica integrata.​ FS International S.p.A., servizi di trasporto passeggeri su scala internazionale.​ Trenitalia S.p.A., i servizi di trasporto passeggeri a livello nazionale. E ancora Ferservizi FS Security FS Technology Fercredit FS Sistemi Urbani Grandi Stazioni Immobiliare.

Ora è il turno dell’ingresso di un costruttore edile che esegue i lavori di costruzione di nuove tratte ferroviarie e stradali di ammodernamento e di manutenzione cioè di un fornitore interno di servizi di costruzione per il gruppo FS. Uno Stato nello Stato che nella attuale assenza di regolazione pubblica renderebbe ancor più difficile un aumento della qualità e quantità dei servizi ferroviari, quello che dovrebbe essere il business principale del Gruppo FS, cioè aumentare la mobilità sostenibile.

Riceviamo e pubblichiamo la precisazione di Pizzarotti & C. S.p.A.

Il debito finanziario “per cassa” che Impresa Pizzarotti & C. S.p.A. presenta allo stato attuale nei confronti degli istituti di credito ammonta a circa euro 320 milioni, mentre con Cassa Depositi e Prestiti è stato contratto un “prestito obbligazionario subordinato convertibile” pari a euro 97 milioni. L’importo di euro 1,8 miliardi indicato nell’articolo appare dunque erroneo, fermo peraltro restando che ai fini della corretta ricognizione del debito non possono essere considerate le linee di firma che, come noto, non comportano un’uscita di cassa, né un obbligo di rimborso e, al contempo, attengono alla normale operatività di un’impresa di costruzioni. Non a caso non sono incluse nella posizione finanziaria netta di nessuna società, né tra i passivi, in coerenza con le norme contabili di riferimento.

Parimenti, a dimostrazione del positivo andamento economico-industriale registrato dal Gruppo Pizzarotti, si chiede che venga data opportuna evidenza dei risultati raggiunti nel corso dell’esercizio 2024 (il cui bilancio è stato approvato dall’Assemblea degli azionisti in data 24 luglio u.s.), di seguito indicati:
-circa euro 1,5 miliardi di produzione (con un incremento di circa il 25% rispetto all’esercizio 2023);
-115 milioni di EBITDA (con un incremento del 61% rispetto all’esercizio 2023);
risultato ante-imposte pari a euro 4,9 milioni.
Alla luce di quanto precede, le operazioni straordinarie che la società sta valutando non sono certo qualificabili come “salvataggi”, bensì operazioni industriali di mercato, che sono dirette alla migliore valorizzazione degli asset aziendali in una logica di continuità dell’attività economica e di rifocalizzazione della strategia del Gruppo Pizzarotti alla luce delle dinamiche del settore.

Risposta dell’autore Dario Balotta

Il 6 agosto sul Messaggero era apparsa la notizia che la Pizzarotti aveva un debito di 1,8 miliardi e dal gennaio scorso si era aperta la procedura di composizione negoziata. Cosa che allora non è stata smentita. Oggi prendo atto che il debito non sarebbe di 1,8 mld ma di 320 milioni + 97 milioni in prestito per un totale di 417 milioni. Proprio ieri a Cernobbio il ministro Adolfo Urso ha confermato che l’acquisizione dell’asset di Pizzarotti rientra in una strategia più ampia del gruppo Fs e che questa ha l’appoggio del governo.

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