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Cronaca

Ultimo aggiornamento: 11:52 del 2 Settembre

L’attesa, poi le lacrime: la storia di Mahmoud, palestinese in Italia che riabbraccia la propria famiglia fatta evacuare da Gaza

Non vedeva la propria famiglia dal 2022, quando ha lasciato Gaza
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L’atterraggio è previsto alle 17.20 ma Mahmoud è arrivato in aeroporto con oltre due ore d’anticipo. È partito col treno da Fiano Romano, dove vive dal 2022 quando ha lasciato Gaza ed è approdato in Italia già prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Oggi è emozionatissimo. Stanotte non ha dormito per l’eccitazione, dice. Non vede sua madre e suo padre da quando è partito. I genitori sono decollati nel primo pomeriggio da Amman, insieme a sua sorella, suo fratello minore e la loro nipotina grazie al lavoro della Croce Rossa che li ha evacuati da Gaza fino in Giordania con un biglietto aereo su cui c’è proprio scritto così: “ITA EMB EVACUATION ORDER”.

Il pannello degli arrivi segnala che l’aereo è appena atterrato. Mahmoud però aspetta già da un’ora e non è per niente tranquillo. “Non escono, ci deve essere qualcosa che non va. Da quando Gaza è sotto assedio ho il terrore di non riuscire a rivederli più. Oggi sono a un passo dal riabbracciarli e ho paura che qualcosa possa andare storto all’ultimo minuto”. È agitato. Muove le gambe con insofferenza mentre attende. Per ingannare la noia cammina su e giù, parla al telefono, scrive messaggi a tutti i suoi conoscenti che gli chiedono “Allora’, arrivati?”. No, non ancora, c’è d’aspettare. E allora aspetta Mahmoud, lui che a 24 anni in Italia ha finalmente trovato “un lavoro con un contratto vero da magazziniere” e che “pagano poco ma almeno pagano puntuali”. A Gaza andava all’università. Ha studiato legge ma non pensa di riprendere gli studi, “ora ho altro a cui pensare”. Le porte automatiche si aprono e si chiudono. Esce qualcuno, tanta gente, ecco loro hanno tante valigie, saranno loro? No. Allora forse sono loro? No, nemmeno loro.

“Che poi già saperli sani e salvi mi rincuora ma ora che arrivano in Italia dove vanno a dormire i miei parenti?”. Per domani mattina è già tutto programmato: “Appena svegli andiamo in prefettura per fare richiesta di protezione internazionale, si va presto alle 6 perché la fila è chilometrica. Stanotte invece dormono provvisoriamente a casa di un mio amico che mette loro a disposizione la casa per un paio di giorni ma poi dovrò trovare qualche associazione o onlus che li accolga finché non ottengono i documenti”. Sono le 18.30. I passeggeri in arrivo da Amman sono ormai tutti sbarcati. Lo sguardo di Mahmoud è pieno di sconforto e paura. Ha gli occhi lucidi. Un addetto all’aeroporto gli dice che deve spostarsi aldilà del plexiglas, che è troppo vicino alle porte automatiche. Mahmoud sospira rumorosamente, si gira verso le porte un’ultima volta prima di allontanarsi e all’improvviso: eccoli. Sono proprio loro.

Sono arrivati. Mahmud corre verso di loro, si dirige prima dalla nipotina che ha due anni e che lui non ha mai visto ma poi da dietro spunta il padre e allora lui cambia obiettivo, lo abbraccia, lo bacia poi vede sua madre e fa la stessa cosa. Lei piange, lui la guarda, le sorride, poi la riguarda. Una volontaria della Croce Rossa rompe la magia del momento, dice a tutti di sportarsi e muoversi verso l’uscita. Mahmoud è stordito e incredulo. È tutto vero, i suoi genitori sono qui in Italia, lontani dalla guerra, vicini a lui. Li prende sotto braccio, insieme si dirigono verso l’uscita stringendosi forte. “La famiglia è quasi tutta riunita, manca solo mio fratello grande che è ancora a Gaza. Domani penserò a come fare, oggi è il giorno più bello della mia vita”.

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