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Centomila scomparsi in Siria: la verità è ancora sotto terra

Le nuove autorità siriane intendono limitare le indagini: chi è al potere oggi ha fatto parte di gruppi armati che compivano sparizioni forzate
Centomila scomparsi in Siria: la verità è ancora sotto terra
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Sabato 30 agosto è stata la Giornata internazionale delle vittime di sparizione forzata: le conosciamo meglio col termine “desaparecidos”, coniato negli anni Settanta delle dittature militari nel Sud America e che purtroppo ha travalicato il periodo e la zona geografica, risultando attuale ancora oggi.

In un rapporto intitolato “La verità è ancora sotto terra”, Amnesty International ha fatto il punto sulla situazione nello stato in cui finora, nel XXI secolo, c’è stato il maggior numero di persone scomparse: la Siria, dominata fino all’8 dicembre 2024 da Bashar al-Assad: dal 2011 oltre 100mila, cui devono essere aggiunte le migliaia di persone fatte sparire nel nulla dai vari gruppi armati di opposizione.

Dalla caduta di Assad, famiglie disperate hanno iniziato a visitare centri di detenzione, basi militari, obitori e fosse comuni in tutto il paese. Dopo nove mesi, non hanno ancora trovato risposte. Amnesty International ha incontrato 21 persone: parenti di ex prigionieri politici, persone sopravvissute alla sparizione e rappresentanti delle associazioni delle vittime. Ne è uscito un quadro pieno di dolore e rabbia: dolore per la mancanza di interlocuzione, rabbia perché gli aguzzini di Assad hanno distrutto prove fondamentali.

Alcuni di loro girano tranquillamente e impunemente e questo provoca ancora più rabbia. Ogni giorno che passa, questi sentimenti si acuiscono. Alcune famiglie hanno allestito “tende della verità”, per onorare i loro cari tuttora scomparsi, non farli dimenticare e chiedere verità e giustizia. Dice Wasel Hamideh, fratello di uno scomparso:

“Le famiglie delle persone scomparse chiedono giustizia per tutte le vittime, per tutte le famiglie che hanno perso i loro cari a causa del regime di Assad o dei gruppi armati. Avere giustizia e punire i responsabili di ogni parte è l’unica garanzia che la nostra agonia non si ripeta e che saremo in grado di vivere in un paese governato dallo stato di diritto”.

Il 17 maggio 2025 le nuove autorità siriane hanno istituito una Commissione nazionale per le persone scomparse e una Commissione nazionale per la giustizia di transizione, quest’ultima col colpito di “scoprire la verità sulle gravi violazioni causate dal vecchio regime, chiamare a rispondere i responsabili, risarcire le vittime e consolidare i principi della non ripetizione e della riconciliazione nazionale”.

Rispetto alla prima Commissione, il 18 agosto il suo presidente ha dichiarato di aver istituito un comitato consultivo e aver avviato un programma di lavoro in sei fasi, che dovrà comprendere l’organizzazione di una conferenza nazionale sui bisogni e sui diritti delle famiglie delle persone scomparse.

Come si capisce dalla dichiarazione di Wasel Hamideh riportata sopra, le nuove autorità siriane intendono limitare le indagini e i processi ai casi di sparizione forzata attribuiti al regime di Bashar al-Assad. Il motivo è chiaro: chi è al potere in Siria oggi ha fatto parte di gruppi armati che compivano sparizioni forzate.

Sia per questo, sia perché anche con la migliore delle intenzioni possibili le risorse a disposizione e le competenze non sarebbero adeguate, Amnesty International ha sollecitato i paesi donatori a finanziare, e a supervisionare la destinazione dei finanziamenti, l’operato delle due commissioni e a non lasciare sole le associazioni delle famiglie delle persone scomparse.

Senza verità, giustizia e riparazione, le ferite della Siria non cicatrizzeranno mai.

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