Su Phica il solito repertorio dello stupro: questo clima di odio cresce perché risponde ad un bisogno
Abbiamo un problema con gli uomini che solo gli uomini possono affrontare, purtroppo pare che solo una minoranza voglia risolverlo. Dopo la pagina Fb Mia moglie ecco la piattaforma Phica.eu dalla metonimia eloquente, che priva le donne della qualifica di soggetto e le riduce ad una parte anatomica.
Da qualche ora, Phica.eu ha chiuso i battenti, magari per migrare altrove, e i suoi 720mila iscritti sono fuggiti come viaggiatori da una nave che affonda. Alcuni hanno chiesto precipitosamente che i loro contenuti fossero cancellati e si sono detti anche disposti a pagare per evitare rogne. Morale della miseria di questa vicenda, il fondatore ne avrebbe tratto ancora guadagno dopo aver permesso, per vent’anni, la condivisione di milioni di contenuti, garantendo “sicurezza” agli utenti che si scambiavano foto di attrici, di protagoniste della politica e dello spettacolo, di giornaliste ma anche di sconosciute, adulte e minorenni.
Le foto venivano anche prese dall’album di famiglia (c’era il thread “Mia cognata”), scaricate dai profili social o da scatti a donne inconsapevoli. Il rituale era analogo a quello che si perpetuava sulla pagina Mia moglie o su tante piattaforme e chat che resteranno sconosciute. Le immagini venivano condivise nel forum per essere oggetto di scherno, denigrazione a sfondo sessuale, violenza verbale. Il solito repertorio dello stupro.
Visualizza questo post su Instagram
Le segnalazioni fatte alla polizia postale, ho appreso dai media, sono sempre state respinte al mittente, sia per incompetenza degli agenti che minimizzavano l’impatto psicologico sulle vittime, sia per un vuoto legislativo pagato soprattutto dalle donne. Secondo l’Osservatorio Vox sull’odio online, oltre il 50% dei contenuti violenti hanno contenuti misogini. Si tratta di una forma di violenza che non deve essere minimizzata perché causa alle vittime le stesse conseguenze psicologiche di una molestia sessuale o di una violenza subìta direttamente. Paura, ansia, rabbia, umiliazione, senso di impotenza.
Da due giorni è stata pubblicata una raccolta di firme per una proposta di legge che acceleri i tempi per la chiusura di gruppi e canali che diffondono immagini rubate, mi chiedo come si possa arginare un immaginario misogino e violento che con la forza di uno tsunami troverà altri canali su cui sfogarsi, sia sul web che fuori dal web. Lungo il portico di San Luca a Bologna, nei giorni scorsi, sono state scritte frasi misogine, insulti di ogni tipo e riferimenti espliciti a donne insultate ed esposte con dati sensibili, con tanto di numero di telefono e indirizzo di casa.
C’è un clima di rancore e odio che cresce e si polarizza, tanto è diffuso quanto banalizzato e legittimato, perché risponde ad un bisogno: il modo più efficace di depotenziare una donna è quello di degradarla e umiliarla sessualmente. Ma di cosa si devono vendicare gli uomini e di cosa hanno paura?
Stefano Ciccone, co-fondatore dell’associazione Maschile Plurale, in un’intervista rilasciata a Sara de Carli su Vita parla di “un mondo maschile che non riesce a reinventarsi nella relazione e vive una sessualità senza relazione per mettersi al riparo dalla vulnerabilità”. Nella costruzione di un immaginario per cui le donne sono un corpo-oggetto senza desiderio, Ciccone punta il dito su una contraddizione: “l’uomo è il soggetto che ha il desiderio, da realizzare col potere o con i soldi, ma con un corpo maschile che non è desiderabile e che non muove di per sé il desiderio della donna. L’immaginario degli uomini è largamente ancora quello di una donna che viene sporcata dal desiderio e dal sesso maschile: l’uomo si sente frustrato dall’essere schiacciato in questa sessualità volgare e la sua vendetta è sporcare la donna”.
Sono uomini che “non hanno imparato ad essere desiderati”. Mi chiedo fino a che punto, nell’intreccio funesto della sessualità come atto di dominio e potere, gli uomini siano terrorizzati dal diventare loro i corpi assoggettati e dominati; e forse non sono proprio loro a respingere lo sguardo e il desiderio femminile che chiede con forza di esprimersi?
Margherita Carlini, psicoterapeuta da me contattata per una riflessione su quest’ennesimo rito collettivo di stupro, dice che “in questo momento socio culturale, molti uomini sono in difficoltà rispetto a donne sempre più autonome, indipendenti e autodeterminate, un dato che spaventa e crea frustrazione e attraverso la violenza sui social si ripristina un ruolo di potere nei confronti delle donne. Non è un caso che molte foto riguardavano donne di successo e potere, irraggiungibili, oggettificate e sottomesse che sono state umiliate ripristinando una sorta di dominio sulle loro immagini”.
Non si deve dar per scontato che gli utenti di queste piattaforme o pagine siano uomini che nelle relazioni di intimità esercitino violenza nei confronti della partner. “E’ chiaro che l’utilizzo di una piattaforma – mi dice Carlini – facilita la minimizzazione dell’agito e delle sue conseguenze e facilita una deresponsabilizzazione, ‘ma è un gioco, è uno scherzo’, come se quei contenuti non avessero conseguenze sul piano di realtà. Penso che una parte degli utenti, se fosse intervistata, dichiarerebbe di essere contro la violenza alle donne ma su quella pagina il gruppo si faceva branco con logiche predatorie condivise che deresponsabilizzavano gli autori dei commenti. Il contesto virtuale, ovvero esprimere fantasie di violenza su delle foto, abbassava la percezione della gravità di quelle azioni.
Certe dinamiche poi agiscono come gli stereotipi perché non c’è consapevolezza e coscienza sulla cultura che abbiamo interiorizzato. Finché gli uomini non cominceranno a fare un importante lavoro di autocoscienza, a ripensare in che modo essere un uomo nella società e nella relazione con le donne, sarà difficile arrivare all’accettazione di una libertà e di un desiderio di emancipazione femminile che fa paura. E di fronte a quella paura, gli uomini agiranno con le modalità che hanno interiorizzato per ripristinare controllo e potere: la violenza”.
Quanto dovremo ancora aspettare la diserzione delle ossessioni del vecchio e caro patriarcato?
@nadiesdaa