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Ultimo aggiornamento: 21:07 del 22 Agosto

Draghi e la scossa a Von der Leyen: “La Commissione aveva promesso un piano anti-dazi interni entro fine anno”

L'ex premier a Rimini: "L’Unione Europea per raggiungere un mercato unico con meno tariffe interne e un ruolo nel campo delle tecnologie rare dovrà muoversi verso nuove forme d’integrazione"
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“Molte le aree in cui l’Europa sta perdendo terreno e dove più urgenti sono le riforme, ma dal ‘Rapporto sulla Competitività’ emerge come occorre utilizzare appieno la dimensione europea lungo due direzioni: la prima è quella del mercato interno, l’altra è quella tecnologica”. Così Mario Draghi, durante il suo intervento dal palco del Meeting di Comunione e Liberazione, in corso a Rimini. Per l’ex numero uno della Bce ed ex presidente del Consiglio italiano vanno limitati i dazi interni al mercato unico europeo. “Il Fondo Monetario Internazionale calcola che se le nostre barriere interne fossero ridotte a livello di quelle prevalenti negli Stati Uniti, la produttività del lavoro nell’Unione Europea “crescerebbe di circa il 7% dopo sette anni, oggi è al massimo il 2%”. Poi Draghi aggiunge che “gli Stati europei si accingono ad una gigantesca impresa militare con 2 trilioni di euro, di cui un quarto in Germania, di spese addizionali nella difesa pianificate tra oggi e il 2031 eppure – sottolinea – abbiamo delle barriere interne che sono equivalenti ad una tariffa del 64% sui macchinari e del 95% sui metalli”. Il risultato, segnala Draghi, “sono maggiori costi e tempi più lenti per gare e ricorsi a fornitori al di fuori dell’Unione Europea”. Per contrastare i dazi interni agli Stati europei, Draghi rilancia la proposta del “28esimo regime”. Proposta che “la Commissione Europea ha promesso avrebbe presentato prima della fine di quest’anno e che consiste – illustra – nell’avere un regime giuridico uguale in tutto il territorio dell’Unione Europea per le piccole imprese senza dover aprire filiali in tutti i Paesi”.

L’altra dimensione “in cui la dimensione europea è essenziale è quella tecnologica”. E Draghi spiega il perché. “Nessun Paese che voglia sovranità e prosperità può permettersi di essere escluso dalle tecnologie critiche. Gli Stati Uniti e la Cina usano apertamente il loro controllo sulle risorse strategiche per ottenere concessioni in molte altre aree”. Con la conseguenza che “ogni dipendenza eccessiva è così divenuta incompatibile con la sovranità sul nostro futuro”. La soluzione è l’Europa perché “nessun Paese europeo può avere le risorse necessarie per costruire la capacità industriale richiesta per sviluppare queste tecnologie e l’industria dei semiconduttori ben illustra questa sfida”. Negli Stati Uniti, “l’investimento pubblico-privato sui chips ha progetti che vanno dai 30 ai 65 miliardi di dollari, in Europa la spesa ha luogo a livello nazionale, attraverso aiuti di Stato, con progetti molto più piccoli, tra i 2 e 3 miliardi e dispersi tra i nostri Paesi che hanno sempre obiettivi differenti”.

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