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“Hamas dice sì alla tregua”, ma Trump: “L’organizzazione va distrutta”. E Israele prepara l’invasione di Gaza City

La proposta di Qatar ed Egitto prevede un cessate il fuoco di sessanta giorni e il rilascio in due tranche degli ostaggi, vivi e morti. Ma Ben-Gvir avverte: “Netanyahu non ha mandato per un accordo parziale”
“Hamas dice sì alla tregua”, ma Trump: “L’organizzazione va distrutta”. E Israele prepara l’invasione di Gaza City
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Hamas aveva accettato, “senza chiedere alcuna modifica”, la proposta per il cessate il fuoco a Gaza ricevuta dai mediatori egiziani e qatarioti nei colloqui in corso al Cairo. Ma a far scendere il gelo sulle trattative questa volta è stato Donald Trump. Sembrava che lo stallo potesse finalmente rompersi: con l’Idf pronta all’invasione totale della Striscia, i mediatori di Qatar ed Egitto hanno proposto una tregua iniziale di 60 giorni, per poter avviare dei negoziati più ampi, e il rilascio in due distinte tranche dei 49 rapiti israeliani, fra vivi e morti. Ma lo Stato ebraico non sembra interessato alla proposta: “Vogliono tornare a discutere di un accordo perché temono che invaderemo Gaza City”, ha rilevato il governo Netanyahu. E Trump ha dato più sostanza al no di Tel Aviv: “Vedremo il ritorno degli ostaggi rimasti solo quando Hamas sarà affrontata e distrutta. Prima accadrà, maggiori saranno le possibilità di successo”, ha scritto su Truth.

L’ultimo ciclo di negoziati indiretti tra le due parti, facilitato a Doha dai mediatori, era durato diverse settimane prima di concludersi il 25 luglio senza alcun risultato. La nuova proposta dei mediatori, poi accettata da Hamas, era simile a quella elaborata dall’inviato speciale statunitense Steve Witkoff. Ma Netanyahu ha più volte insistito di non essere più interessato ad accordi parziali, affermando che accetterà di porre fine alla guerra solo se Hamas rilascerà tutti gli ostaggi contemporaneamente, si disarmerà e consentirà la smilitarizzazione di Gaza. Tanto che il falco Itamar Ben Gvir ha ricordato che “Netanyahu non ha il mandato per un accordo parziale”. Il ministro ortodosso aveva già lasciato l’esecutivo dopo la prima tregua ed ha minacciato di farlo anche adesso. E a spalleggiare il governo israeliano sulla linea dura c’è anche l’alleato alla Casa Bianca.

Per mettere in chiaro quale sia lo scenario di distruzione al quale andrà presto incontro la Striscia, il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, Eyal Zamir, ha approvato il piano per occupare Gaza City da presentare al ministro della Difesa: la prevista evacuazione della popolazione durerà poco meno di due mesi, dopodiché si procederà all’accerchiamento e all’occupazione della città. E proprio Netanyahu, incontrando gli ufficiali dell’Idf, ha mostrato tutto il suo sprezzo nei confronti della fazione palestinese: “Come voi, ascolto le notizie sui media e da esse si può avere l’impressione di una cosa: che Hamas sia sotto un’enorme pressione“, ha affermato il premier. Gli ha fatto eco il ministro della Difesa Israel Katz: “Per la prima volta da settimane Hamas è disposta a discutere un accordo per il rilascio degli ostaggi, solo perché teme che intendiamo seriamente conquistare Gaza City, il fulcro del suo potere”.

Intanto prosegue l’emergenza umanitaria nella Striscia. Cinque palestinesi, tra cui due bambini, sono morti per malnutrizione nelle ultime 24 ore: lo riporta Al Jazeera citando il ministero della Salute dell’enclave, controllato da Hamas. Sale così a 263, tra cui 112 bambini, il numero delle vittime a causa della fame dall’inizio delle ostilità. Oggi Amnesty International ha accusato Israele di attuare una “politica deliberata” volta a ridurre la popolazione di Gaza alla fame.

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