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La separazione delle carriere è l’anticamera del controllo governativo sui magistrati

Se oggi non sono più pm è anche per responsabilità di colleghi troppo pavidi e indifferenti. La magistratura è amministrata in nome del popolo italiano non per conto di salotti e poteri
La separazione delle carriere è l’anticamera del controllo governativo sui magistrati
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L’attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura è un attacco alla democrazia. Senza una magistratura autonoma ed indipendente non vi può essere uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e quindi viene meno lo stato di diritto ed uno dei pilastri fondamentali della Costituzione. Difendere questi principi non vuol dire peraltro avallare tutto quello che ha fatto e fa la magistratura che ha, soprattutto negli ultimi vent’anni, non poche colpe. Ma le colpe di taluni non possono giustificare un violento attacco istituzionale alla magistratura, la distruzione della separazione dei poteri e la mortificazione della democrazia.

I poteri, quasi tutti, con poche eccezioni, hanno sempre voluto e desiderano tuttora il controllo politico della magistratura ed in particolare del pubblico ministero, che è il motore dell’azione penale e, quindi, del più ampio e profondo controllo di legalità. Ad esso si deve aggiungere la costruzione fortemente perseguita dalla politica di un modello di magistrato burocrate e conformista e di un Consiglio superiore della magistratura sempre più lontano dalla funzione di autogoverno voluta dai costituenti.

La separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici è l’anticamera del controllo governativo della magistratura inquirente, della sua collocazione istituzionale in una sorta di super poliziotto sostenitore dell’accusa a prescindere per i reati graditi al potere politico. Pubblici ministeri inoffensivi nel contrasto ai delitti consumati dai poteri e inflessibili nel perseguire i reati dei più fragili. Il braccio togato di un disegno autoritario.

La separazione delle carriere non c’entra nulla con la doverosa parità tra accusa e difesa che va garantita in maniera più efficace all’interno del codice di procedura penale e dell’ordinamento giudiziario. È necessaria una giustizia più rapida, giusta ed efficiente. La certezza del diritto e della pena, la limitazione della custodia cautelare ai fatti gravi e non come misura ordinaria di anticipazione della pena, la sanzione penale quale extrema ratio e non misura abituale per contrastare azioni illegali. Il garantismo non vuol dire impunità del potere, ma regole democratiche per la vita di un procedimento giudiziario, penale ma non solo.

L’Italia è un paese storicamente e cronicamente attraversato da stragi, assassini, delitti e misteri, molti dei quali ancora senza colpevoli, che hanno coinvolto pezzi significativi dello Stato e non può consentirsi la realizzazione di una magistratura prona al potere politico. Anzi, ci vorrebbe una magistratura ancora più libera, autonoma, indipendente, responsabile, competente, devota al sacrificio e coraggiosa. Quella che non raramente manca per la verità.

Se oggi, ad esempio, non sono più pubblico ministero è anche per responsabilità di una parte della magistratura che fu troppo pavida e indifferente. La magistratura è amministrata in nome del popolo italiano non per conto di salotti e poteri. La credibilità è una virtù, che si costruisce con i fatti, purtroppo sempre più rara nelle classi dirigenti politiche e istituzionali.

I prossimi mesi saranno decisivi per la partita finale tra un disegno autoritario e lo stato di diritto, bisognerà schierarsi dalla parte della Costituzione e quindi contro il disegno eversivo che mira al controllo della magistratura. Quest’ultima provi a ritrovare in pieno la voglia e il gusto di seguire la missione costituzionale che le è stata assegnata, quello è un compito non un privilegio di una corporazione.

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