
Alcune decine di attivisti del collettivo “Vogliamo tutt’altro”, sostenuto da Clap – Camere del lavoro autonomo e precario, hanno fatto ingresso nell’edificio abbandonato in via Casilina Vecchia 42
“La cultura non è un lusso per pochi, ma un diritto collettivo”. Parte da qui, la rivendicazione dei lavoratori e lavoratrici dello spettacolo che questa mattina hanno occupato l’ex Circolo degli Artisti di Roma. Uno spazio storico, chiuso da anni, oggi simbolicamente riaperto con l’occupazione per restituirlo alla città e denunciare l’abbandono sistemico della cultura da parte delle istituzioni. Nel mirino ci sono il Governo, accusato di precarizzare e censurare, e il Comune di Roma, colpevole, secondo gli attivisti, di inerzia e silenzi. Il messaggio è inequivocabile: “La cultura è un diritto”.
L’occupazione è scattata questa mattina, lunedì 21 luglio, poco dopo le 8. Alcune decine di attivisti del collettivo “Vogliamo tutt’altro”, sostenuto da Clap – Camere del lavoro autonomo e precario, hanno fatto ingresso nell’edificio abbandonato in via Casilina Vecchia 42. Lì dove un tempo sorgeva uno dei principali spazi indipendenti per la musica e le arti della capitale, oggi si è aperta una giornata di mobilitazione nazionale. “Abbiamo occupato uno spazio pubblico, l’ex Circolo degli Artisti, destinato alle arti dal vivo e chiuso da anni, per convocare un’assemblea aperta alla città e a tutti e tutte coloro che lavorano nel campo delle arti performative, della cultura, del cinema, dell’università, della scuola, dell’editoria e dei beni culturali” spiegano le lavoratrici e i lavoratori promotori dell’occupazione. A partire dalle 16 si è tenuta un’assemblea cittadina, seguita alle 19 da quella nazionale online, in contemporanea con altri quindici presidi in tutta Italia.
A spingere all’azione sono le condizioni materiali di chi vive e lavora nel mondo della cultura, dello spettacolo e della conoscenza. “Denunciamo i tagli e i declassamenti effettuati dalle Commissioni contro teatri, festival, compagnie e progetti di formazione che da anni animano l’ecosistema culturale del Paese” si legge nel comunicato. “Si stima una perdita tra le 30.000 e le 50.000 giornate lavorative, in uno scenario di precarietà sistemica che segnaliamo da anni”.
Per i lavoratori, quindi, non è solo una questione di risorse, ma di visione: “Questo Governo e questo Ministero intendono imporre la loro visione del mondo – odiano la trasformazione, tutto ciò che è molteplice, i mondi futuri e futuribili che i nostri lavori prefigurano e che i nostri corpi già praticano in reti di alleanze materiali. Il messaggio è chiaro: i temi di cui occuparsi sono Dio / Patria / Famiglia.”. La risposta è un rifiuto collettivo: “Rigettiamo le visioni messianiche ed egemoniche del Ministro. Non esiste un Anno Zero della cultura, come vorrebbe Giuli. Siamo nel 2025, e la cultura vive e resiste”.
L’ex Circolo degli Artisti, posto sotto sequestro nel 2015 per abusi edilizi e smaltimento illecito di rifiuti (compreso l’amianto), è da allora rimasto chiuso. Lo scorso ottobre l’assessore comunale al Patrimonio Tobia Zevi ha annunciato la fine delle prime due fasi della bonifica, promettendone la riapertura entro il 2026. Ma per chi oggi ha occupato lo spazio, quel cronoprogramma è troppo lento e troppo opaco. “Liberiamo temporaneamente questo pezzo di città anche per riaffermare la necessità di politiche culturali a Roma in grado di valorizzare il ricco ecosistema artistico che la città esprime e fare fronte agli attacchi delle destre”, spiegano gli attivisti. “Se questa vivacità sopravvive è grazie a spazi indipendenti, reti informali e circuiti che resistono fuori dalle logiche dell’intrattenimento mainstream, non certo grazie al farraginoso sistema di bandi”.
Anche il Comune viene chiamato in causa direttamente: “Da che parte sta l’amministrazione comunale? È tempo di un segnale chiaro”. Il gruppo punta il dito anche contro il progressivo svuotamento della scena indipendente romana: “Negli ultimi anni abbiamo visto la chiusura dell’Angelo Mai, del Teatro Valle, dello stesso Circolo. Il risultato è che intere generazioni artistiche crescono senza più luoghi dove formarsi, sperimentare, lavorare. E quei pochi spazi attivi sopravvivono a fatica, senza garanzie”.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (FdI), ha parlato di “occupazione abusiva”, auspicando tolleranza zero e attaccando la presenza del consigliere comunale Alessandro Luparelli (Avs) all’interno dello stabile: “Un gesto grave, reso ancor più inaccettabile dalla probabile presenza tra gli occupanti di un rappresentante istituzionale”, ha dichiarato. Secca la replica di Sinistra Civica Ecologista: “Rampelli stravolge completamente la realtà dei fatti e mette in scena l’ennesimo teatrino ideologico contro la cultura indipendente. Luparelli non ha partecipato ad alcuna occupazione illegale: ha preso parte, a volto scoperto, a un’assemblea pacifica organizzata da lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, che da anni denunciano la precarietà del settore e l’abbandono degli spazi culturali, esercitando il suo ruolo istituzionale a tutela di un progetto di riqualificazione già avviato da Roma Capitale”.
Mentre infuria la polemica politica, l’occupazione del Circolo, spiegano i lavoratori e lavoratrici , non parla solo alla cultura. Parla anche alla scuola, all’università, ai musei, alle archeologhe e ai bibliotecari. “Siamo in complicità con le precarie delle università, con gli insegnanti e con le lavoratrici dei beni culturali”. “Ci è chiaro il processo di smantellamento materiale e simbolico del comparto arte–scuola–cultura che questo governo sta operando congiuntamente”. Il comunicato si chiude con un passaggio netto contro la militarizzazione del bilancio pubblico e il disinvestimento in welfare e cultura: “Occupiamo questo spazio per riaffermare la nostra opposizione al riarmo, all’economia bellica, al prelievo di risorse per finanziare guerre, occupazioni, genocidi. Siamo con la Palestina, dal fiume fino al mare, e oltre”. “Questa è solo l’inizio” annunciano. “Denunciamo lo stato di disastro culturale. Quella che si apre oggi è una nuova stagione di scioperi, ricorsi e mobilitazioni. Contro tagli e guerre, i nostri corpi desideranti tornano in lotta”.