Caso Sangiuliano, chiuse le indagini: Maria Rosaria Boccia rischia il processo per stalking e lesioni
Maria Rosaria Boccia rischia di finire a processo. La procura di Roma ha infatti chiuso le indagini sull’imprenditrice, originaria di Pompei, finita al centro delle cronache per essere stata coinvolta nella vicenda che ha portato alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano da ministro della Cultura.
Boccia è indagata per stalking, lesioni, interferenze illecite nella vita privata e diffamazione ai danni dell’ex componente del governo di Giorgia Meloni. Il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini e le sostitute Giulia Guccione e Barbara Trotta hanno notificato all’indagata la chiusura della indagini, atto che di solito prelude a una richiesta di rinvio a giudizio. A Boccia è contestato anche il reato di false dichiarazioni nel curriculum redatto per l’organizzazione di eventi. Nel procedimento risultano parti offese Sangiuliano, la moglie dell’ex ministro e l’ex capo di gabinetto del dicastero, Francesco Gilioli.
L’indagine era nata una denuncia di Sangiuliano, relativa alle presunte pressioni indebite e su un caso di lesioni relative al periodo in cui aveva una relazione con Boccia. Nel settembre scorso la donna aveva subito una perquisizione nella sua abitazione. I carabinieri avevano prelevato il cellulare di Boccia, il computer e vari device, tra cui i “celebri” occhiali smart con cui la donna ha girato all’interno dei corridoi di Montecitorio.
“Pensieri suicidi di Sangiuliano” – Nel capo di imputazione relativo allo stalking, i pm scrivono che l’indagata “con condotte reiterate ossessive e di penetrante controllo della vita privata, professionale e istituzionale rivolte verso Sangiuliano – con cui intratteneva una relazione affettiva extraconiugale e anche successivamente alla definitiva rottura dei rapporti – cagionava nello stesso un perdurante e grave stato di ansia e paura che si estrinsecava in un forte stress, un notevole dimagrimento, pensieri suicidi, modo tale da costringerlo ad alterare le proprie abitudini di vita, compromettendone la figura pubblica, inducendolo a rassegnare le dimissioni dalla carica istituzionale, ad evitare i luoghi abitualmente frequentati, limitare le uscite private e pubbliche e partecipazioni a convegni o viaggi istituzionali e privati; condotte consistite in quanto di seguito descritto”.
“Lo obbligava a non portare la fede” – Boccia, è detto nell’atto, “chiedeva dapprima velatamente e poi in modo sempre più esplicito di lavorare insieme con nomina fiduciaria del Ministro, al fine di giustificare la presenza quotidiana presso gli Uffici ministeriali, contestualmente ponendo in essere azioni volte a screditare i suoi collaboratori più vicini, con progressivo isolamento, ed avanzando continue richieste di esere portata a conoscenza dei colloqui istituzionali o con il proprio staff”. E ancora, secondo i pm, l’imprenditrice “effettuava plurime pressanti richieste di consegnarle il telefono cellulare, utilizzato dal Sangiuliano anche per i contatti istituzionali, per ispezionarlo, anche pretendendo la consegna di password o comunque lo sblocco delle applicazioni o, in alternativa, di consentirle indiscriminato accesso da remoto” e “imponeva all’allora ministro, quantomeno a partire dal’11 giugno del 2024, di non portare la fede nuziale e, infine, sottraendola”. Prima del 22 luglio dell’anno scorso faceva poi credere al giornalista di avere mandato la foto dell’anello alla moglie “via whatsapp”.