Borsellino, appello agli editori: cambiate i libri di geografia!
I bambini che sanno chi è Paolo Borsellino e cosa è accaduto il 19 luglio 1992 lo conoscono grazie a tanti ma non ai libri di scuola. A lavorare instancabilmente affinché la storia di via D’Amelio non diventi una riga del sussidiario di storia sono i familiari in primis (i figli Fiammetta, Manfredi e Lucia; la sorella Rita; il fratello Salvatore); l’associazione Libera e tutta la costellazione attorno ad essa; i tanti scrittori e giornalisti che in questi anni si sono spesi per fare memoria; una minoranza di insegnanti e dirigenti che fanno lezioni di vita e non i venditori a chili di nozioni.
Prendete in mano, tuttavia, un qualsiasi libro di geografia di quinta primaria. Andate alle due pagine dedicate alla Sicilia. Leggetele: non ci metterete più di quattro minuti. Troverete la descrizione geografica: confini, fiumi, lagni, monti. Poi quella economica: il turismo, la pesca, i vigneti, gli agrumeti. Da qualche parte ci sarà scritto che è una regione autonoma. Ci saranno le principali città. In qualche spazio si parlerà dei templi di Agrigento e del fico d’india oppure delle cassatine ma non una parola su Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Men che meno il sostantivo mafia.
Quel libro vi sembrerà esattamente quello che avevate quando trenta-quaranta anni fa avete fatto voi le elementari. Ora questo non è un problema se in classe ci fosse un insegnante che non usa solo il sussidiario in dotazione ma mi spiace constatare che per molti resta la “Bibbia”.
E allora credo sia arrivato il momento di cambiare i nostri libri a partire da quello di geografia. Lo studio della terra riguarda da tempo anche i rapporti tra esseri umani, la cultura, la religione, la lingua. Parlare di Sicilia senza scrivere nei testi didattici chi sono stati almeno Borsellino e Falcone è una bestemmia pedagogica. Va raccontato – senza retorica – ai cittadini di oggi che è in atto da anni una guerra contro la mafia ma non solo.
I nostri libri hanno il dovere di dire la verità, di parlare chiaro spiegando che la verità sul 1992 ancora non esiste ma c’è stato un depistaggio. Come? Basterebbe in poche righe dire che un depistaggio è quando qualcuno ti fa credere una cosa per farti guardare dalla parte sbagliata. Un po’ come quando si gioca a nascondino e uno degli amici dice: “Guarda! E’ andato dietro l’albero!” ma in realtà non è vero. Stavolta questo “amico” è stato lo Stato. Non è così difficile parlare ai bambini.