Inchiesta su Sala, il Pd milanese fa quadrato. Schlein lo chiama: “Solidarietà e vicinanza”. Majorino: “Ora una svolta, stop speculazioni”
Ci sono volute quasi 36 ore dal deflagrare della ennesima inchiesta giudiziaria sulle operazioni immobiliari che ha travolto la giunta di centrosinistra di Milano prima che la dirigenza nazionale del Pd, il partito di maggioranza relativa a sostegno del sindaco Beppe Sala, battesse un colpo. Ma nemmeno durante la giornata segnata dalla notizia che il primo cittadino è tra gli indagati la segretaria Elly Schlein ha parlato pubblicamente. L’unico segno di vita è stata una telefonata allo stesso Sala il cui senso, reso noto dal Nazareno, è stato quello di esprimere “solidarietà e vicinanza” al primo cittadino. Il messaggio è che il partito lo sostiene.
In mattinata è stato il segretario cittadino Alessandro Capelli a parlare. Ex “arancione” con Giuliano Pisapia, da sempre vicino al percorso di Schlein, Capelli ha a sua volta sostanzialmente riconfermato la fiducia a Sala per i prossimi due anni che mancano da qui alla fine del mandato. “Nel pieno rispetto del lavoro della magistratura – le parole affidate a una nota -, attendiamo con fiducia l’evoluzione dei fatti, incluso quanto appreso dai giornali relativamente al sindaco. Anche per noi è importante capire bene i contorni precisi dell’intera vicenda”, si legge. L’ultima frase sembrava lasciare aperta la possibilità di un passo indietro di qualcuna delle figure politiche coinvolte, come l’assessore Giancarlo Tancredi: “Siamo sicuri che ogni decisione individuale sarà presa a tutela propria e del centrosinistra milanese“.
La sostanza resta – “andiamo avanti” -, ma si nota un tono vagamente diverso da quello belligerante di Sala di mercoledì sera, quando l’inserimento del suo nome nel registro degli indagati non era ancora noto: “Non ci riconosciamo nell’inchiesta dei pm”, aveva detto. Tancredi ha detto di essere “disponibile a dimettersi”. Il sindaco Sala riferirà a Palazzo Marino lunedì. Viene descritto come “provato”. Oggi la giunta ha subito una prima contestazione di chi assisteva al consiglio comunale al grido di “A casa”, “Avete rovinato la città”.
Sala incassato intanto la solidarietà esplicita dell’ala cosiddetta “riformista” del partito: Lia Quartapelle, Alfredo Bazoli, Piero Fassino. E a invitarlo ad andare avanti sono Matteo Renzi e Carlo Calenda. L’ex premier mette la mano sul fuoco: “Conosco Beppe Sala dai tempi dell’Expo e so che è una persona onesta. Non si possono chiedere dimissioni per un avviso di garanzia perché questo vorrebbe dire tornare alla barbarie di Tangentopoli“. Per il leader di Italia Viva “se ci sono errori, è giusto che i colpevoli paghino. Ma chi ha sbagliato lo decretano le sentenze, non i titoli dei giornali. O i post degli avversari”. Il punto è che “Milano deve fare le cose per bene, certo, ma Milano non si può fermare”. Resistenza è la linea anche di Calenda: “Per quanto ci riguarda Sala deve rimanere lì e non piegarsi. Lo stadio va venduto e le procedure urbanistiche chiarite. Altrimenti bloccheremo anche Milano”. Il segretario di Azione ha il “sospetto legittimo che ci sia una volontà della procura di orientare scelte politiche“. Un concetto che per coincidenza oppure no esprime anche il ministro Guido Crosetto, alto dirigente di Fratelli d’Italia che torna – come già successo in passato – ad accusare la magistratura di sostituirsi al legislatore.
Schlein dunque continua a tacere. All’esterno ha da tutelare un delicatissimo, fragilissimo dialogo con gli alleati del centrosinistra – dai Verdi al M5s – negli stessi giorni in cui si definiscono gli schieramenti in vista delle Regionali con scambi e contropartite (a titolo d’esempio l’ok dei 5 stelle a Eugenio Giani in Toscana e il via libera di Vincenzo De Luca a Roberto Fico in Campania). All’interno c’è il confronto con un pezzo di partito che a livello nazionale ha perso il congresso ma che a Milano e in Lombardia rappresenta una parte significativa della dirigenza. In questo senso si differenzia dal coro di sostegno, fiducia, rassicurazione Pierfrancesco Majorino, capogruppo in Regione Lombardia, responsabile nazionale Casa del partito, ex assessore di Sala, tra i nomi che ogni tanto spuntano nel totocandidati per succedere proprio al sindaco di Milano. Anche Majorino afferma che la giunta deve proseguire il mandato “per il bene della città” che ha davanti a sé “sfide enormi”. La traiettoria da seguire, però, secondo il capogruppo, ha bisogno di “una svolta nel campo urbanistico”. “Serve infatti voltare pagina – aggiunge – migliorando alcune scelte compiute e realizzando innanzitutto un nuovo Piano di governo del territorio che metta al centro l’emergenza abitativa e protegga Milano da tentazioni speculative“.