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Israele attacca Damasco, colpiti palazzo presidenziale e sede dell’esercito. Rubio: “De-escalation nelle prossime ore”

Bombe sulla capitale siriana dopo che le forze governative si sono schierate a Sweida, città a maggioranza drusa, nonostante gli avvertimenti di Tel Aviv
Israele attacca Damasco, colpiti palazzo presidenziale e sede dell’esercito. Rubio: “De-escalation nelle prossime ore”
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Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz aveva avvertito: se le forze del regime islamico di al-Jolani non si fossero ritirate da Sweida, una città drusa nel sud della Siria, sarebbero arrivate le bombe. E così è stato: Tel Aviv ha colpito il ministero della Difesa siriano, il quartier generale dell’esercito e il perimetro del “Palazzo del Popolo”, come viene chiamato il palazzo presidenziale, provocando la morte di una persona e il ferimento di altre 18. Un’azione che lo stesso Katz ha comunicato via social, pubblicando un video della televisione siriana che mostra un conduttore sorpreso da un attacco israeliano sullo sfondo nel centro di Damasco, mentre la tv di Stato ha riferito di raid vicino al quartier generale del ministero della Difesa. “I colpi più pesanti sono partiti”, ha scritto, mentre Benjamin Netanyahu ha esortato i drusi israeliani – legati a livello confessionale e familiare alle comunità druse in Libano e Siria – a non attraversare il confine. Molti di loro infatti hanno provato a raggiungere la Siria attraverso la città settentrionale di Majdal Shams, nelle alture del Golan. Israele, ha dichiarato Netanyahu in una nota ai media, sta operando “contro le bande del regime” in Siria e “sta lavorando per salvare i nostri fratelli drusi”. Motivo per cui ha deciso di potenziare la protezione al confine, con l’invio di ulteriori truppe. Intanto, dopo gli attacchi, il ministro degli Interni di Damasco ha riferito che a Sweida è stato raggiunto un nuovo accordo di cessate il fuoco. “La situazione in Siria è complicata, ma siamo sulla strada della de-escalation, nelle prossime ore speriamo di vedere qualche progresso per mettere fine a ciò che abbiamo visto”, ha detto il segretario di Stato Usa Marco Rubio nello Studio Ovale.

La preoccupazione di Europa e Stati Uniti – In Israele si teme che il regime voglia privare i drusi delle loro armi. Il leader spirituale della comunità in Israele, Sheikh Muwaffaq Tarif, ha convocato una protesta proprio nel Golan, spiegando di essersi appellato a Netanyahu e al suo ministro Katz per una azione contro il regime siriano. Un’escalation di tensioni che preoccupa Europa e Stati Uniti. “Esortiamo tutti gli attori esterni a rispettare pienamente la sovranità e l’integrità territoriale della Siria”, ha detto un portavoce del Servizio per l’Azione esterna dell’Ue in una nota, aggiungendo che “l’Ue è allarmata dai continui scontri a Sweida, che hanno causato numerose vittime, e condanna fermamente le violenze contro i civili segnalate. Esortiamo tutte le parti ad attuare immediatamente l’accordo di cessate il fuoco raggiunto ieri, a proteggere i civili senza distinzioni e a porre fine ai discorsi d’odio e settari”. Poi sottolinea che “le autorità di transizione hanno la responsabilità di allentare la tensione e ripristinare la calma, di garantire la responsabilità per tutti i crimini e di portare avanti una transizione inclusiva. L’Ue è pronta a fornire assistenza”. Anche da Washington il segretario di Stato Rubio ha aggiunto che gli Usa “molto preoccupati”. L’inviato speciale di Washington per la Siria, Tom Barrack, chiede che “tutte le parti facciano un passo indietro e si impegnino per un dialogo significativo che porti ad un cessate il fuoco duraturo”. Interviene anche Ankara, che bolla i raid come “un tentativo di sabotare gli sforzi della Siria per stabilire pace, stabilità e sicurezza”.

Le comunità druse al confine, il respingimento dell’Idf e la loro storia – Centinaia di membri della comunità drusa di Majdal Shams, sulle Alture del Golan, e dei villaggi drusi nel nord di Israele si sono radunati lungo la recinzione di confine con la Siria, cercando di entrare nel Paese per sostenere i gruppi armati drusi che continuano a scontrarsi con le forze governative siriane. Diversi video che circolano sui social network mostrano che molti drusi sono riusciti ad attraversare il confine con la Siria. Intanto centinaia di membri della comunità drusa siriana si sono radunati dall’altra parte della recinzione, ma non è chiaro se stessero manifestando o cercando di attraversare il confine. L’esercito israeliano ha dichiarato che decine di persone hanno cercato di entrare in Israele. La tensione si è intensificata quando diversi manifestanti drusi siriani sono saliti su un trattore sventolando bandiere druse e i soldati israeliani hanno risposto lanciando gas lacrimogeni, costringendoli a ritirarsi dopo poco.

La setta religiosa drusa nacque nel X secolo come costola dell’ismailismo, una branca dell’Islam sciita. Più della metà del milione circa di drusi presenti in tutto il mondo vive in Siria. La maggior parte degli altri drusi vive in Libano e Israele, comprese le Alture del Golan, che Israele ha strappato alla Siria nella guerra del 1967 e ha annesso nel 1981. In Israele i drusi sono considerati una minoranza leale e spesso prestano servizio nell’esercito. In Siria i drusi sono divisi su come comportarsi con i nuovi leader del Paese: alcuni sostengono l’integrazione nel nuovo sistema, mentre altri rimangono diffidenti e spingono per una regione autonoma drusa. L’ultima escalation in Siria è iniziata con rapimenti e attacchi reciproci fra tribù beduine sunnite locali e fazioni armate druse nella provincia meridionale. Le forze governative intervenute per ristabilire l’ordine si sono poi scontrate con i drusi.

Lo scenario e l’escalation – Le tensioni sono esplose nei giorni scorsi, con l’uccisione di almeno un centinaio di persone, in larga parte miliziani drusi e loro rivali beduini sunniti, sostenuti dalle forze governative. Una recrudescenza a sfondo confessionale che avviene mesi dopo la presa del potere da parte dell’ex miliziano qaedista Ahmad Sharaa (Jolani), autoproclamatosi presidente di un paese ormai non più alleato di Iran e Russia ma sempre più vicino a Stati Uniti e Israele. Le violenze giungono dopo i massacri di 1.500 civili alawiti compiuti a marzo da miliziani filo-governativi, e gli attacchi, sempre da parte di armati vicini a Sharaa, contro i drusi di Damasco. Al confine con la Giordania e non lontano dalle Alture siriane del Golan, occupate da Israele, Sweida è storicamente la roccaforte dei drusi siriani, con forti legami con i correligionari in Libano e in Israele. Il governo israeliano, che nei mesi e settimane scorsi, ha più volte affermato di voler “proteggere” i drusi siriani, ha ordinato nelle ultime ore di bombardare le colonne di tank siriani diretti verso Sweida.

L’escalation era da tempo nell’aria. Il casus è scattato nel fine settimana, col rapimento da parte dei beduini della zona di un commerciante druso, provocando l’attesa reazione dei drusi, che hanno sequestrato alcuni beduini; le cui famiglie, a loro volta, sono scese in strada armate. Gli scontri, dilagati alla periferia di Sweida, sono presto degenerati. E hanno dato vita a un vero e proprio attacco coordinato tra beduini e forze governative per prendere il controllo di Sweida. Video amatoriali e professionali mostrano un ingente dispiegamento di armi e mezzi militari da entrambe le parti. Il ministero degli interni ha affermato di intervenire “per proteggere la sicurezza dei civili”. E il ministero della difesa ha diffuso un ultimatum “senza condizioni” alle forze druse siriane: “Consegnate le armi, così eviteremo una battaglia casa per casa nella città di Sweida“.

A rendere la situazione ancora più incandescente è stato l’intervento di Israele, che ha bombardato il sud della Siria per impedire ai governativi di conquistare un villaggio druso. Il ministro della Difesa Israel Katz ha parlato di “un chiaro avvertimento al regime”, mentre il prolungato sorvolo aereo di jet ed elicotteri dello Stato ebraico ha spinto diversi sostenitori di Jolani ad accusare i miliziani drusi di essere dei “mercenari dei sionisti”. Dal canto loro, le autorità druse di Sweida hanno respinto gli appelli alla protezione straniera ma hanno denunciato la trappola tesa dal governo, usando i beduini, storici rivali nell’uso dei terreni agricoli, per imporre la sua autorità manu militari su una zona che chiede da tempo di mantenere la sua autonomia amministrativa e di sicurezza.

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