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Espulsa nonostante la richiesta d’asilo, sentenza della Cassazione censura Questore e Giudice di pace

L'ordinanza riguarda il caso di una cittadina brasiliana, espulsa a Catania il 30 maggio del 2024 nonostante avesse presentato domanda d'asilo
Espulsa nonostante la richiesta d’asilo, sentenza della Cassazione censura Questore e Giudice di pace
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Non sta alle questure, né ai giudici di pace, valutare una richiesta d’asilo, qualunque sia la ragione che ha spinto lo straniero a presentarla. A chiarirlo è la prima sezione civile della Cassazione, che il 30 giugno si è espressa sul ricorso di una cittadina brasiliana, espulsa nonostante la volontà di chiedere asilo. Ma l’ordinanza va ben oltre il caso singolo perché, confermano alcuni legali, “l’espulsione di chi ha espresso la volontà di chiedere protezione è una prassi diffusa”. La legale della ricorrente, Rosa Emanuela Lo Faro, dice che a Catania “avviene in continuazione”. Un abuso che nega un diritto riconosciuto da norme interne e comunitarie.

L’ordinanza ha sospeso il decreto del Giudice di pace di Catania che convalidava l’ordine di accompagnamento alla frontiera emesso dalla Questura il 30 maggio 2024, seguito al decreto di espulsione della Prefettura catanese. L’udienza di convalida si è svolta lo stesso 30 maggio in Questura, nei locali che la legge consente di mettere a disposizione del Giudice di pace (GdP), “al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida”. E’ qui che la donna, ricostruisce la Suprema Corte, “ha formulato una domanda di protezione internazionale”. E’ la manifestazione della volontà a modificare lo status della persone, che diventa così un richiedente asilo. Ma, prosegue l’ordinanza, “né il Questore né il GdP hanno permesso la sospensione del rimpatrio per poter dar corso alla sua richiesta e trasmettere gli atti alla Competente Commissione territoriale”. Perché? Secondo il Giudice di pace, “la domanda era tardiva e strumentale ad evitare il ritorno nel paese di origine”.

In base alla Direttiva Ue 32/2013 sulle procedure d’asilo, la domanda di protezione “può essere presentata dallo straniero che abbia in corso il trattenimento ai fini dell’esecuzione dell’espulsione anche avanti al giudice di pace nel corso dell’udienza di convalida”, ricorda la Cassazione. La domanda va immediatamente trasmessa al questore, che la registra nel termine perentorio di 6 giorni. Saranno le Commissioni territoriali insediate presso le prefetture a dire se la domanda è valida o strumentale, se va accolta o respinta. Nel frattempo, e fino all’eventuale ricorso in tribunale, l’espulsione è sospesa. Invece le cose non vanno così, in Sicilia ma anche altrove, come confermano tanti altri ricorsi e le altre, recenti sentenze: “E’ affetto da violazione di legge il provvedimento con il quale il giudice di pace, anziché dare atto dell’inespellibilità dell’opponente, compia una propria ed autonoma valutazione…” (Cass. civ., sez. I, ord. n. 6011/2024).

“Va confermato in questa sede l’orientamento consolidato di questa Corte”, è scritto nell’ordinanza sul ricorso di Catania, per dire che ormai dovrebbero saperlo anche i muri. Non quelli della Questura, evidentemente. Accade spesso che Questore e Giudice di pace si comportino così? “A Catania, sempre: ogni persona sottoposta a convalida è stata rimpatriata senza tener conto della domanda di protezione, un obbrobrio”, risponde l’avvocata Lo Faro, che in Cassazione sta già patrocinando un altro ricorso. E si rammarica: “La mia assistita è stata espulsa lo stesso giorno della convalida, ed è passato più di un anno per avere una risposta sul comportamento illegittimo della pubblica amministrazione. Si perdono le speranze di una vera giustizia e infatti molti colleghi rinunciano ai ricorsi per questo motivo”. Pochi i ricorsi, insufficienti le censure. E infatti l’abuso è diventato prassi, in barba allo stato di diritto.

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