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Femminicidio Tramontano, il padre: “Vivo solo perché Impagnatiello abbia una pena adeguata”. Giudici in camera di consiglio

L'accusa ha chiesto di confermare l’ergastolo perché l’omicidio di Giulia Tramontano è stato un "agguato" premeditato commesso con crudeltà
Femminicidio Tramontano, il padre: “Vivo solo perché Impagnatiello abbia una pena adeguata”. Giudici in camera di consiglio
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Sono in camera di consiglio i giudici della della Corte di Assise d’appello di Milano che dovranno emettere il verdetto di secondo grado su Alessandro Impagnatiello, condannato all’ergastolo per aver ucciso la fidanzata Giulia Tramontano nella loro abitazione a Senago il 27 maggio 2023. L’accusa ha chiesto di confermare l’ergastolo perché l’omicidio di Giulia Tramontano è stato un “agguato” premeditato commesso con crudeltà.

Per la sostituta pg Maria Pia Gualtieri, che chiede di rigettare l’appello della difesa per escludere le aggravanti di premeditazione e crudeltà e concedere le attenuanti generiche, Impagnatiello “l’ha aspetta a casa, l’ha aspettata per due ore, non le ha dato neppure il tempo di discutere e di interloquire”. “Ha atteso che aprisse la porta di casa e l’ha colpita alla spalle” dopo aver scoperto circa 4 ore prima di “essere stato sbugiardato” dalla compagna che aveva incontrato l’amante sul loro posto di lavoro.

Per la pubblica accusa la 29enne di Sant’Antimo è stata “barbaramente uccisa” mentre “portava in grembo suo figlio” ha detto incentrando l’attenzione dei giudici popolari guidati dalla presidente Ivana Caputo e dalla giudice a latere Franca Anelli su “alcuni dei colpi” delle 37 coltellate rilevate dall’autopsia. “Tre sono al viso, non letali – ha detto -. Li ha inferti per sfigurare, infliggere sofferenze inutili”.

La Procura generale si è opposta alla concessione delle attenuanti generiche chieste per aver aiutato a ritrovare il cadavere e per essersi sottoposto a interrogatorio nel corso del processo. Impagnatiello avrebbe aiutato a ritrovare il corpo il 30 maggio, 4 giorni dopo l’omicidio, ma prima avrebbe “sempre mentito, sviato indagini, simulato l’esistenza in vita di Giulia Tramontano” e lo avrebbe fatto solo perché ormai il “cerchio” degli investigatori “si era chiuso” su di lui. Rendere esame nel processo invece è una “facoltà di ogni imputato, non un elemento positivo e comunque è stato un interrogatorio in cui riduce la portata delle sue condotte”.

“Vivo solo perché Impagnatiello abbia una pena adeguata” ha detto il padre della vittima a Repubblica. Riguardo alle aggravanti: “È solo una questione giuridica, non di opinione. Per me 37 coltellate sono più di una crudeltà, così come quello che ha fatto dopo con i resti di Giulia. Invece, giuridicamente, bisogna rispettare canoni diversi dall’opinione che si ha come persone. Saranno i giudici a valutare. A noi non cambia assolutamente nulla. Il nostro punto fermo finché sarò vivo sarà l’impegno per la certezza della pena. Non si possono tollerare, come già successo a Milano, altri casi De Maria (il detenuto in permesso di lavoro che, evaso, ha ucciso la collega Chamila Wijesuriya per poi suicidarsi”. L’uomo ha spiegato di aspettarsi “una piena conferma del primo grado“.

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