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Siria, il governo islamista impone il burkini alle donne nelle spiagge pubbliche

Il governo ad interim di al-Sharaa impone alle donne di indossare il burkini e costumi più coprenti nelle spiagge pubbliche per motivi di "interesse pubblico", in linea con le regole di altri Paesi islamici
Siria, il governo islamista impone il burkini alle donne nelle spiagge pubbliche
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Il governo islamista in Siria ha imposto alle donne di indossare il cosiddetto burkini, o abiti che coprano interamente il corpo, sulle spiagge pubbliche. Sei mesi dopo la caduta del regime della famiglia Assad, durato più di mezzo secolo, una direttiva del ministero del Turismo impone alle donne un dress code conservatore in nome “dell’interesse pubblico“. Le nuove regole richiedono burkini o indumenti più coprenti nelle spiagge, mentre durante spostamenti tra l’area di balneazione e altre zone è necessario indossare abiti ampi che coprano spalle e ginocchia. Per gli uomini è invece vietato circolare a torso nudo. La direttiva richiede un abbigliamento che “prenda in considerazione il decoro e sensibilità di vari segmenti della società” ed è in linea con le regole di altri Paesi islamici.

Le restrizioni, tuttavia, non si applicano ai club e agli stabilimenti privati considerati di lusso dal ministero del Turismo dove sono concessi i “costumi da bagno occidentali”, nei limiti della buona condotta. Non è precisato quali saranno le sanzioni per i trasgressori, ma la direttiva si inserisce in un contesto in cui, nei mesi e nelle settimane passate, le autorità hanno tollerato la crescente pressione religiosa che ha portato ad attacchi da parte di uomini armati a locali notturni, discoteche, negozi che vendono alcol.

La Siria ha cambiato governo circa sei mesi fa, quando le milizie islamiste Hayat Tahrir al-Sham (HTS) – capeggiate da Ahmad al-Sharaa, nome di battaglia Abu Muhammad al-Jolani, attuale leader siriano – hanno deposto il precedente dittatore Bashar al Assad. Ottenuto il potere al-Sharaa ha compiuto un’opera di pulizia della sua immagine: è passato dall’essere il capo dell’ala siriana di al-Qaida con una taglia sulla testa di 10 milioni di dollari offerta dagli Stati Uniti a essere considerato un leader di Stato in grado di risollevare la Siria, tanto da incontrare cordialmente Trump e presentarsi il prossimo settembre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Nonostante molti abbiano gioito per la caduta del regime di Assad, non è chiaro come sarà il futuro della Siria con il nuovo governo di transizione. Attualmente, il Paese ha una nuova Costituzione temporanea, firmata dal presidente ad interim della Siria, Ahmad Al-Sharaa, che prevede una fase di transizione di cinque anni. Questa non si discosta drasticamente dalla Carta precedente: il capo dello Stato deve essere un musulmano e la legge islamica è la principale fonte di giurisprudenza, ma allo stesso tempo prevede anche “la libertà di opinione, espressione, informazione, pubblicazione e stampa”, oltre al diritto delle donne di lavorare e ricevere un’istruzione. Mancano tuttavia una serie di garanzie: non c’è alcuna traccia della parola “democrazia”, mancano limitazioni effettive al potere del presidente ad interim e le minoranze non sono tutelate adeguatamente. Basti pensare alle violenze e alle vendette contro i civili alawiti, gruppo religioso musulmano sciita al quale apparteneva anche l’ex presidente Bashar al-Assad, oppure agli scontri con la popolazione drusa.

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