Referendum cittadinanza, se votassero i nostri figli il Sì avrebbe già vinto: per loro non sussistono differenze
di Federica Corsi, responsabile ufficio policy di Oxfam Italia
La chiamata al voto referendario dell’8 e 9 giugno non è una chiamata qualsiasi. È una chiamata per l’ampliamento e la tutela dei diritti, che nessuno dovrebbe temere, perché quando i diritti sono pienamente riconosciuti ed esercitati è il più grande segno di vitalità e salute di una democrazia.
Prendiamo il caso del quesito sulla cittadinanza. Chi di noi non si relaziona quotidianamente con persone di origine straniera, che lavorano insieme a noi e per noi, studiano a scuola con i nostri figli, contribuiscono al benessere delle nostre comunità, in molti casi sono nati in Italia…? Eppure, pur essendo già da tempo parte integrante della nostra società e sentendosi a tutti gli effetti cittadini italiani, non lo sono per lo Stato. Per tanti, troppi anni. Si esige da loro il giusto rispetto di obblighi, ma non gli si riconosce un equo esercizio dei diritti.
Una condizione che rende la vita di milioni di persone, che da tempo risiedono nel nostro Paese, un percorso a ostacoli per dimostrare la propria appartenenza alla nostra comunità. Una vita per anni “sospesa” e soggetta a restrizioni delle opportunità a cui possono accedere: dalla partecipazione a concorsi pubblici o competizioni sportive, alla fruizione di programmi di studio e lavoro all’estero, alla partecipazione alla vita politica. Solo per citarne alcune.
Dimezzando i tempi di attesa per richiedere la cittadinanza senza intaccare il rispetto degli altri requisiti, il quesito offre quindi la possibilità di integrare più velocemente le persone di origine straniera nelle nostre comunità, rendendoli cittadini a tutti gli effetti, con parità di diritti e doveri. Un segno di civiltà, ma non solo. Votando Sì si potrà dare un effettivo riconoscimento a una società che evolve e che nella “identità condivisa” si rafforza, si arricchisce e fonda le basi del proprio futuro.
Per queste ragioni Oxfam ha deciso di sostenere fin dagli inizi il percorso della campagna “Figlie e Figli d’Italia”, che con grande soddisfazione ci ha portato fino all’importante momento del voto. Se a votare fossero i nostri figli, il sì a questo referendum avrebbe già vinto. Perché per loro la questione non sussiste. Per loro che in classe hanno compagni e compagne di tante nazionalità, non ha ragione di esistere alcuna differenza, per loro è normale sentirsi parte di un’unica comunità. E ancora una volta sono loro ad indicarci il futuro.
Ribadiamo con il nostro voto l’Italia che vogliamo: una società aperta, coesa e inclusiva. Il diritto di voto ci dà questa opportunità, non sprechiamola.