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Rapporto Istat 2025, su natalità e solitudine degli anziani la società deve riorientarsi

Le soluzioni sono sostanzialmente due: far riprendere velocemente la natalità oppure aumentare i flussi migratori in entrata
Rapporto Istat 2025, su natalità e solitudine degli anziani la società deve riorientarsi
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Il rapporto Istat del 2025 fornisce un quadro articolato della società italiana, lungo le sue molteplici dimensioni. Ci sono luci e ombre, ma l’impressione complessiva è di un paese sempre più in difficoltà: crescita economica nettamente sotto l’1%, perdita di potere d’acquisto di stipendi e salari, aumento della povertà assoluta, perdurare di grandi divari tra nord e sud e tra aree metropolitane e aree interne.

Ogni parte del Rapporto offre spunti di riflessione e ci si dovrebbe interrogare se il declino in atto sia inevitabile o se scelte politiche più coraggiose e innovative potrebbero fare la differenza.

Affronto due temi, apparentemente distanti tra loro: la natalità e la solitudine degli anziani. Nel 2024 abbiamo toccato il minimo assoluto di 1,18 nuovi nati per donna, insieme a quello spagnolo è il valore più basso nell’Unione Europea e tra i più bassi nel mondo. Senza contromisure, i pochi bambini sono forieri di gravissimi squilibri demografici, che già oggi si stanno registrando. A livello macro, la riduzione drammatica del rapporto tra chi lavora e chi ha smesso di lavorare fa inevitabilmente crollare il Pil e la sostenibilità dei sistemi pensionistici. A livello micro, viene meno un bilanciamento tra le generazioni che è il meccanismo principale di supporto alla fragilità nella parte finale della vita.

In altri termini, senza importanti cambiamenti, ci avvieremo sempre più verso una società con pochi bambini, pochi adulti e tantissimi anziani. Le soluzioni sono sostanzialmente due: far riprendere velocemente la natalità oppure aumentare i flussi migratori in entrata (e cercare di ridurre quelli in uscita). Non discuto la complessità di queste soluzioni. Faccio solo presente che la terza alternativa è catastrofica: una società che si impoverisce così tanto da non potere garantire neppure i diritti sociali primari.

La gravità dell’invecchiamento della popolazione italiana è sicuramente acuita dallo sbilancio demografico. Ma c’è dell’altro. Siamo tra i paesi più longevi del mondo; nel 2024 abbiamo raggiunto il record di sempre: una vita attesa alla nascita di 81,4 anni per gli uomini e di 85,5 anni per le donne. Questi risultati sono dovuti sia ad una riduzione della mortalità prevenibile (ad esempio per via di stili di vita più salubri) sia, anche se in modo più modesto, ad una riduzione della mortalità trattabile (attribuibile al buon funzionamento del sistema sanitario).

Tuttavia, il Rapporto chiarisce anche che l’Italia non si posiziona altrettanto bene quando si misura la qualità della vita: la popolazione italiana vive sì più a lungo, ma anche con un periodo più esteso in cattiva salute, soprattutto per quanto riguarda le donne. Qui il tema è più sociale che sanitario: Istat stima che in meno di 20 anni il 40% degli anziani vivrà da solo, cioè senza un convivente che sia di eventuale supporto: solitudine, mancanza di aiuto nelle attività abituali come lavarsi, fare la spesa, cucinare, prendere regolarmente le terapie, andare a fare visite ed esami sono il problema emergente della popolazione anziana che vive sola. Questa solitudine “oggettiva” è il più grave risultato delle dinamiche socio-demografiche in atto: il modello tradizionale di famiglia è saltato ma non è stato rimpiazzato da altri sistemi di protezione dell’anziano.

Solo parte della risposta può venire dallo sviluppo di servizi sanitari e sociali nel territorio: il problema è così drammatico che è necessario lo sviluppo di reti di solidarietà che vadano oltre i familiari, in cui l’amico, il vicino o anche il conoscente diventino parte di una rete di sostegno alle persone anziani fragili che non hanno più la vasta rete di protezione che caratterizzava la vecchia famiglia tradizionale ed estesa.

Con un bisogno di “cura” così esteso non potranno essere il solo badantato o le case di riposo le risposte: è la società che si deve ri-orientare verso forme nuove di solidarietà e volontariato, costruendo nuove modalità di assistenza che vadano oltre la famiglia.

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