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Concerto 1 Maggio, i media israeliani attaccano i Patagarri: “Antisemitismo mascherato da performance”

“Una canzone popolare ebraica trasformata in un inno di Hamas”, scrive il Times of Israel in un lungo articolo di critica all'organizzazione dell'evento
Concerto 1 Maggio, i media israeliani attaccano i Patagarri: “Antisemitismo mascherato da performance”
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La performance dei Patagarri al Concerto del primo Maggio a Roma scatena le polemiche non solo in Italia, con esponenti della politica e dell’associazionismo che hanno criticato la decisione del gruppo di intonare il coro “Free Palestine! Palestina Libera!” dal palco di San Giovanni, ma anche in Israele. È dalle colonne del Times of Israel, uno dei più importanti quotidiani dello Stato ebraico, che viene lanciato l’attacco alla band accusata di antisemitismo: “Una canzone popolare ebraica trasformata in un inno di Hamas”, si legge nell’articolo secondo cui questa è la dimostrazione che ”l’antisemitismo non è più un bug” all’evento del Primo Maggio, ma ne “è una caratteristica”.

Il riferimento è al fatto che il gruppo ha deciso di lanciare il proprio messaggio “per la pace e l’autodeterminazione dei popoli” sulle note di Hāvā Nāgīlā, una canzone popolare ebraica. Uno sfregio, agli occhi del quotidiano israeliano che parla di “15 minuti di infamia” e “vandalismo culturale” che porta con sé la ”normalizzazione dell’odio mascherata da performance”, arrivando a definire l’accaduto “spaventoso”.

“Sembra che incitare contro Israele o sfruttare qualsiasi piattaforma per gridare a gran voce una ‘Palestina libera’ sia la parola d’ordine dei nostri tempi – scrive invece un altro media conservatore come Yedioth Ahronoth – È stato dimostrato ancora una volta nel modo più bizzarro”.

Il Times of Israel, però, allarga il suo personale processo a tutti i partecipanti al concerto, affermando che durante l’esibizione “gli organizzatori hanno sorriso, il pubblico ha applaudito”. E questo, prosegue l’articolo, sarebbe una dimostrazione di come il Concerto del Primo Maggio, “originariamente concepito come una celebrazione dei diritti dei lavoratori” e “tributo musicale alla dignità del lavoro”, sia diventato “sotto le mentite spoglie dell’espressione culturale una fogna di militanza antagonista”. “Quello che colpisce non è l’antisionismo in sé, ma la sua mancanza di serietà”, aggiunge l’articolo parlando di ”meno impegno politico e più protesta chic. La trovata dei Patagarri non è stata un atto di coraggio. È stata una provocazione pronta per TikTok mascherata da coscienza. Un espediente che sfrutta un conflitto che a malapena comprendono per ottenere una rilevanza che non potevano ottenere con la sola musica”.

Il Times of Israel conclude così sostenendo che l’esibizione “non era critica culturale. Non era arte di protesta. Era dissacrazione, stonata, banale e sovvenzionata. Ma i Patagarri hanno ottenuto ciò che si aspettavano: un picco fugace negli streaming su Spotify. Il loro momento svanirà, la macchia che lasciano dietro di sé, la normalizzazione dell’odio mascherata da performance, rimane. E forse è questa la vera tragedia, che l’antisemitismo non si preoccupa nemmeno più di indossare una maschera. Canta. E a volte, cosa spaventosa, canta in ebraico”.

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