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Esplosione alla Toyota di Bologna: 12 indagati, anche l’ad italiano Candiani

Nell'incidente sul lavoro morirono due operai e altri 11 rimasero feriti. In vista della consulenza, mirino anche su due ex Ceo. Le ipotesi sono omicidio colposo, lesioni e disastro colposo
Esplosione alla Toyota di Bologna: 12 indagati, anche l’ad italiano Candiani
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Ci sono 12 indagati per l’incidente sul lavoro alla Toyota Material Handling di Borgo Panigale, alle porte di Bologna, nel quale morirono due operai e altri 11 rimasero feriti. La procura ha messo nel mirino anche la posizione dell’amministratore delegato italiano Michele Candiani e di due suoi predecessori, Ambrogio Bollini e Giorgio Polonio. La mossa arriva in vista della consulenza tecnica irripetibile (l’incarico verrà conferito il 5 maggio) con l’obiettivo di ricostruire la dinamica dell’esplosione del 23 ottobre 2024 che fece saltare in aria un intero reparto dello stabilimento. Le ipotesi sono omicidio colposo, lesioni colpose, disastro colposo.

A essere interessata dall’incidente fu la centrale termico-frigorifera cui era collegato un serbatoio dal quale – a quanto ipotizzato finora – si è originato lo scoppio a causa del quale persero la vita Lorenzo Cubello e Fabio Tosi, rispettivamente di 37 e 34 anni. In questi mesi gli inquirenti – la pubblico ministero Francesca Rago e la procuratrice aggiunta Morena Plazzi – hanno interrogato decine di testimoni e analizzato migliaia di documenti per iniziare a dare una forma al quadro indiziario e attribuire eventuali responsabilità per l’incidente.

Nei mesi scorsi sono stati recuperati i componenti del serbatoio e dell’intero impianto termico, con rilievo tridimensionale da parte del nucleo investigativo antincendi dei vigili del fuoco. Ai consulenti tecnici Stefano Consonni, Paolo Pennacchi, Roberto Bonazzi e Giacomo Porcellana, già nominati quando sono state avviate le indagini a carico di ignoti, la procura chiede adesso di ricostruire caratteristiche, dimensioni e dinamica dell’incidente, ricomporre l’impianto esploso e ricostruire progettazione, installazione e manutenzione nel tempo della centrale.

All’esito, dovranno esprimersi tra l’altro sui rischi per i lavoratori o le persone all’interno dello stabilimento, le misure adottate per la prevenzione, l’adeguatezza dei sistemi di sicurezza e se fosse previsto un dispositivo in caso di guasto nonché su come è stata seguita la manutenzione. L’impianto, rimasto chiuso per diverse settimane, ha ricominciato a produrre a fine gennaio. La Toyota Material Handling, dopo la diffusione della notizia, ha comunicato che “prende atto dell’ipotesi di reato provvisoriamente iscritta a carico dei vertici aziendali e ribadisce e conferma la massima collaborazione e la piena fiducia nel lavoro della magistratura”.

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