Don Marelli, verso la sentenza canonica per il sacerdote indagato per abusi. I pm di Monza ascoltano i ragazzi
Battute finali del processo canonico in primo grado di giudizio contro don Samuele Marelli accusato di abusi sessuali. Nelle prossime settimane il Tribunale ecclesiastico regionale lombardo emetterà la sentenza nei confronti del sacerdote ambrosiano, già vicario della comunità pastorale San Giovanni Paolo II di Seregno e responsabile della pastorale giovanile della stessa cittadina che comprende sei parrocchie, per sette anni responsabile della Fondazione diocesana per gli oratori milanesi.
Don Marelli deve rispondere di violenza sessuale sui minori che frequentavano gli oratori di Seregno. Il verdetto di condanna per il sacerdote è più che scontata, visto che, oltre alle testimonianze delle vittime, anche minorenni all’epoca dei fatti, dei loro genitori e degli educatori degli oratori coinvolti, è stata messa agli atti anche una cospicua documentazione fotografica ritenuta inoppugnabile dalla Curia ambrosiana.
Ragazzi che vengono in questi giorni ascoltati anche dagli inquirenti della procura di Monza con il delicato compito di raccogliere testimonianze di potenziali parti offese che sono state già verbalizzate e che in alcuni casi hanno partecipato a riunioni organizzate dalla parrocchia per affrontare lo scandalo del sacerdote, sparito dalla sera alla mattina senza neanche salutare. L’inchiesta penale – partita in ritardo perché nessuno ha ritenuto di sottoporre alla valutazione degli organi competenti i casi – comporterà più tempo per permettere di stabilire se ci sono altri reati da contestare e altre persone da iscrivere nel registro degli indagati.
Dopo la probabile condanna nel processo canonico, ci sarà ovviamente la possibilità dell’appello e l’iter canonico proseguirà fino alla sentenza definitiva che, qualora accertasse la colpevolezza del prete, avrebbe come epilogo finale la sua riduzione allo stato laicale. Don Marelli dal 2002 è un sacerdote dell’arcidiocesi di Milano. Nel febbraio 2024 è stato sospeso da tutti gli incarichi pastorali, ma ciò è stato comunicato ufficialmente dalla Curia ambrosiana soltanto nel maggio successivo, tra l’altro con una motivazione falsa: “Per favorire un recupero psico-fisico” e rileggere l’esperienza degli anni di ministero.
Un tentativo, alquanto maldestro, di derubricare come crisi vocazionale un processo canonico per pedofilia. Le accuse, però, suffragate da numerose prove documentali, hanno fatto emergere con violenza una verità abbastanza scioccante. Docce con gli adolescenti che il sacerdote accompagnava nei campi estivi, allusioni sessuali, numerose chat e foto inequivocabili, insulti e umiliazioni, come il body shaming ai danni dei ragazzi robusti che lo sceglievano per la direzione spirituale. Un quadro abbastanza diverso, per usare un eufemismo, da quello di una crisi vocazionale per un prete nato nel 1976.
Ritardi e insabbiamenti che non hanno fatto altro probabilmente che prolungare gli abusi e le loro coperture. Le prime segnalazioni delle violenze sessuali, anche su minori, commesse da don Marelli risalgono, infatti, al 2018. Alcuni seminaristi del Seminario arcivescovile di Milano, nel comune di Venegono Inferiore, ne parlarono subito con l’allora rettore, monsignor Michele Di Tolve, attualmente vescovo ausiliare di Roma e rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, amico personale di Bergoglio dai tempi in cui era ancora cardinale arcivescovo di Buenos Aires. Diversi seminaristi avevano già notato i gravi comportamenti messi in atto dal sacerdote. Di Tolve informò immediatamente la Curia ambrosiana, ma la pandemia frenò l’avvio di un’indagine canonica.