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Dall’auto all’acciaio, i lavoratori in piazza a Bruxelles per smuovere l’Ue: “Governi la transizione, la deindustrializzazione è già realtà”

Manifestazione indetta da IndustriAll Europe che avanza cinque proposte. Dall'Italia arrivano delegati di Stellantis, Marelli, Ilva, Beko, Versalis e altre decine di vertenze. De Palma (Fiom): "Europa debole tra multinazionali e nazionalismi, noi uniti. Senza i settori strategici a rischio la sovranità democratica"
Dall’auto all’acciaio, i lavoratori in piazza a Bruxelles per smuovere l’Ue: “Governi la transizione, la deindustrializzazione è già realtà”
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In quindici anni sono andati persi due milioni e trecentomila posti di lavoro. Una città grande quasi quanto Roma a spasso. Con un’accelerazione spaventosa dal 2019: un milione di occupati in meno. “La deindustrializzazione non è più una minaccia, è la realtà”, è il grido d’allarme che oggi i sindacati del Vecchio Continente portano a Bruxelles, tra il Parlamento e la Commissione Ue, chiedendo un piano industriale pan-nazionale. Perché alcuni governi restano inerti, mentre la crisi è globale. E sta investendo settori cruciali come l’automotive e la siderurgia, dai quali dipendono altri assi strategici dell’industria dell’Unione europea, mettendo a repentaglio solo nel comparto delle quattroruote – secondo uno studio di Boston Consulting Group – circa 1,5 milioni di posti nel prossimo decennio. Numeri di fronte ai quali i sindacati europei dell’industria fanno un salto di qualità, scendendo per la prima volta tutti insieme in piazza.

“La manifestazione di oggi fa parte di un percorso di unione per mettere il lavoro industriale al centro del confronto della Commissione europea e dei governi – spiega a Ilfattoquotidiano.it Michele De Palma, segretario generale della Fiom – La transizione non si può realizzare contro le lavoratrici e i lavoratori ma con le lavoratrici e i lavoratori”. I metalmeccanici della Cgil riempiranno piazza Jean Rey insieme ai colleghi di Fim, Uilm e ai rappresentanti di Filctem, Femca e Uiltec. Solo dall’Italia sono previste oltre 2mila persone. Ci saranno i delegati delle vertenze più spinose del settore mobilità: Stellantis, Marelli, Ducati Moto, Industria Italiana Autobus e Bosch.

Per il governo italiano e i 15 Paesi che appoggiano il suo non-paper, la soluzione è tutta nello stop alle multe per le emissioni e nel rinvio della scadenza del 2035 sul passaggio all’elettrico: “Non si può tirare il freno a mano in curva, il rischio è di finire fuori strada – avvisa De Palma – Modificare l’obiettivo del 2035 non è possibile”. Per il sindacalista, le multe possono essere messe in discussione solo a due condizioni: “Un fondo europeo per la transizione che sostenga gli investimenti, ma solo per le imprese che garantiscono i livelli occupazionali. E che l’Unione europea assuma la consapevolezza che, senza i settori strategici della siderurgia, dell’automotive, dell’elettrodomestico e del comparto della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, non potrà avere una sovranità democratica sul proprio futuro”.

E infatti in piazza a Bruxelles ci saranno anche i lavoratori di Beko degli stabilimenti di Siena e Fabriano, i chimici di Eni-Versalis che si apprestano ad affrontare la chiusura dei siti di Priolo, Ragusa e Brindisi che impatterebbero anche sulle altre raffinerie mettendo a rischio oltre 20mila posti di lavoro. In prima fila anche la vertenza Ilva e poi i rappresentanti territoriali della componentistica auto e del settore elettrico. La chiamata del sindacato europeo IndustriAll Europe guidato dalla segretaria generale Judith Kirton-Darling a tutte le sigle federate è arrivata sotto l’ombrello di cinque punti da sottoporre alla Commissione Europea, anche in vista della pubblicazione del Clean Industrial Deal in programma il 26 febbraio, sperando che già lì vengano affrontati i problemi più imminenti.

Di fronte a quei 2,3 milioni di posti andati in fumo dal 2009, come ricordava pochi giorni fa Kirton-Darling a Il Diario del lavoro, i sindacati europei chiedono una moratoria sui licenziamenti, di rivedere le regole fiscali per finanziare iniziative per la transizione sociale e verde, utilizzare gli appalti pubblici per stimolare la domanda, sfruttare i fondi Ue rimanenti per supportare l’industria e combattere la sovrapacità globale nonché il commercio sleale per proteggere i posti di lavoro europei. “Mentre l’Europa è indebolita dalla competizione tra le multinazionali e dai nazionalismi, le lavoratrici e i lavoratori dell’industria europea di sono uniti sulla base di una piattaforma comune che ha l’obiettivo di contrattare – spiega De Pama – La Commissione europea, che incontreremo, deve ascoltare il lavoro perché senza di esso il rischio sempre più concreto è il crollo della democrazia”. Le proposte, gli fa eco il leader della Filctem Marco Falcinelli, “rivendicano investimenti pubblici e privati, sia a livello di Ue che nazionali, un’agenzia per il finanziamento di specifici progetti, sostegno all’occupazione e formazione per tutte le lavoratrici e i lavoratori”. La transizione va governata, insomma. E i lavoratori ora bussano alle porte della Commissione.

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