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Togliere il parere vincolante anche per edifici di grande valore architettonico? Meno male che Giuli c’è

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“Meno male che Giuli c’è,” parafrasando un noto slogan politico di alcuni anni fa e trasformato in canzoncina durante i comizi/convention del fu Silvio. Perché pare che il Ministro della Cultura, venuto tra l’altro appositamente a Torino a tenere l’elogio funebre di Luca Beatrice, morto prematuramente e improvvisamente, sia rimasto sconcertato dalla notizia sul parere non vincolante della Soprintendenza.

In sostanza qualcuno vorrebbe proporre che, anche nei casi di edifici di grande valore architettonico, il previsto parere vincolante, il cosiddetto “ai sensi del D.Lgs 42/2004”, venisse volatilizzato, come una specie di consiglio di una zia petulante e secchiona. D’accordo, per rispetto alla tua età ti faccio vedere le mie idee, ma poi tiro dritto per la mia strada, me ne frego e decido io. Non appartiene però all’epoca del “me ne frego” il non rispetto degli edifici storici, poiché la prima Legge di tutela fu varata proprio nel 1939 da Bottai, la famosa e benedetta L.1089 ,da cui poi è derivata con un copia e incolla mal fatto il D.Lgs 42/2004, per cui è obbligatorio trasmettere i progetti alle Soprintendenze per ottenere i tanto temuti pareri vincolanti.

Personalmente ho sempre ritenuto che le Soprintendenze in alcuni casi siano state persino di manica larga specialmente in presenza di elaborati presentati da Archistar che non hanno neanche i requisiti richiesti di cv pregresso, come viceversa tutti i bandi e concorsi di restauro impongono. Aggiungo anche che le Soprintendenze emanano e inviano direttive alle Stazioni Appaltanti perché venga rispettato il noto RD 2537/25 tuttora in vigore che recita: Art.52 – Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico e il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, (poi L.1089 /39 e D.Lgs 42/2004), per l’antichità e le belle arti sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere.

C’è da aspettarsi che qualcuno proponga di far redigere un progetto di restauro, oppure di riallestimento in un edificio vincolato da periti elettrotecnici, oppure da archistar straniere senza cv adeguato, raccomandate da archistar nostrane; ma la mia è una pura fantasia, anzi incubo, di una passatista e nostalgica cultrice della Bellezza.

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