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Santanchè e lo stillicidio sulle sue inchieste: “Chi se ne frega di chi mi critica. Ma se Meloni mi chiedesse di lasciare, non avrei dubbi”

La ministra costretta a smentire le ricostruzioni di alcune sue dichiarazioni: "Non ho mai detto chi se ne frega del partito". Ma non fa precisazioni sull'altra frase: "Valutare l'impatto delle inchieste sul mio lavoro? Magari lo valuto io!"
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Succede quello che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, tra le righe, aveva fatto intendere di temere: il governo va a gonfie vele, i consensi sono al massimo, ma la strada è punteggiata dallo stillicidio quotidiano sul caso di Daniela Santanchè. E così le dichiarazioni della ministra del Turismo da Gedda – già registrate ieri dai giornali online – oggi rimbalzano di nuovo sui giornali di carta. “Un pezzo del partito mi vuole fuori? Chissenefrega! Pazienza. Ho pochi amici, ma ho sempre contato solo su me stessa” è la frase che le viene attribuita dal Corriere della Sera. E va bene imbullonarsi alla poltrona quando un bel pezzo di Fratelli d’Italia ti fissa per farti capire che magari con tre inchieste è il momento di farsi da una parte. Ma pronunciare parole che sembrano snobbare i sentimenti dei colleghi di partito non la fa apparire certo più forte. E così oggi Santanchè è costretta a smentire quelle frasi con una nota di una lunghezza superiore a quella consueta delle smentite e delle precisazioni. Sembra quasi un ragionamento, anzi di più: un messaggio in bottiglia. “I giornali possono scrivere quello che vogliono, anche quelli che non c’erano quando parlavo, ma non scrivere quello che non ho detto. Quanto letto oggi su alcuni quotidiani nazionali mi lascia basita. Ricostruzioni fantasiose di mie dichiarazioni che non hanno niente a che fare con me. È evidente che il pregiudizio di certa stampa non si ferma davanti a niente pur di creare una notizia alle spese della sottoscritta. Fortunatamente sono in possesso di una registrazione che dimostra quale sia la verità. Non ho mai detto chissenefrega del partito ma chissenefrega di chi mi critica. Sono una donna di partito ed è evidente che se il mio presidente del consiglio mi chiedesse di dimettermi io non avrei dubbi“. Ieri un retroscena del Corriere – non smentito – raccontava che la ministra in cuor suo affidava questi ragionamenti ai suoi collaboratori. “Io escludo che Giorgia mi chiederà di dimettermi. Perché dovrebbe? Nelle condizioni attuali ne sarei sorpresa. Tajani e Salvini mi hanno difesa. Io posso stare anche antipatica, ma non sono una parlamentare qualunque“. Si deve anche aggiungere che Santanchè smentisce la frase del “chissenefrega del partito” e rinnova il concetto per cui lascerebbe subito se fosse Meloni a chiederglielo, ma non chiarisce un’altra frase che è al centro dell’unica uscita sul tema della presidente del Consiglio: “Bisogna valutare l’impatto sul suo lavoro” ha detto Meloni. E Santanchè – riportano i giornali di oggi – ha commentato: “Magari l’impatto sul mio lavoro lo valuto io!” con condimento di punto esclamativo che fa risuonare il riconoscibile tono di voce della ministra.

Così, per l’ennesima giornata, si riaggiorna “l’orologio nucleare” – in scala notevolmente ridotta – sul destino della ministra del Turismo. In questo percorso che la premier vuole valutare se è accidentato o no, la prima tappa è senz’altro domani, mercoledì, quando si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione per decidere se il processo sulla truffa all’Inps, già arrivato in fase di udienza preliminare, con indagini chiuse e richiesta di giudizio pendente, si deve celebrare a Milano come chiede la Procura o a Roma come sostengono i legali della ministra.

Sul caso Santanchè incalza ancora oggi l’opposizione e in particolare il leader del M5s Giuseppe Conte che cita una vecchia dichiarazione della premier Meloni. “L’Italia è una nazione nella quale vige l’amichettismo, ci sono questi circoli di amichettisti dove c’è un indotto. È finito quel tempo, com’è finito il tempo in cui per arrivare da qualche parte serviva la tessera di partito, questo è il tempo del merito”. “E poi? – si chiede Conte in un post su facebook – La sua amichetta Santanchè rimane al suo posto da mesi, puntando sul sostegno di un altro amichetto, il presidente del Senato La Russa, che non la ‘abbandonerà mai’. L’arroganza al potere. Se non hanno la decenza di cacciare dal ministero del Turismo che rappresenta l’Italia all’estero chi va a processo per falso in bilancio e ha una inchiesta per truffa allo Stato sul Covid, abbiano almeno la faccia di portare di nuovo la ministra in Parlamento per la mozione di sfiducia del M5s, in un dibattito di fronte agli italiani. Quelli che non hanno amichetti in paradiso; quelli che prendono 750 euro al mese e grazie a loro avranno 100 euro in meno in busta paga mentre aumentano le bollette; quelli che prendono 1,8 euro in più sulla pensione minima. Recuperate la decenza, state svilendo il tricolore e le Istituzioni”. Sulla mozione di sfiducia, che i 5 Stelle hanno annunciato già da giorni, si deve pronunciare la conferenza dei capigruppo che deve comporre l’agenda parlamentare.

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