Il 58% degli europei è contrario al bando di diesel e benzina nel 2035. Al via il 30 gennaio il tavolo l’UE sull’automotive

“Ognuno potrà comprare l’auto che gli pare. Sotto con la trivella, baby”. E’ stato chiaro Donald Trump, puntando sul petrolio e mettendo una pietra tombale sulla mobilità elettrica, nel suo discorso di insediamento. E ancor di più, successivamente, ritirandosi dagli accordi di Parigi sul clima.
Nulla di imprevedibile, visti i contenuti della campagna elettorale, ma a rimetterci sarà probabilmente l’industria europea, che mantiene la barra dritta verso l’elettrone ma sembra sempre più l’orchestra del Titanic che continua a suonare fino alla fine, per rassicurare i passeggeri. A Bruxelles qualcosa potrebbe cambiare, dunque. Che cosa dovrebbe deciderlo, si spera in tempi accettabili, il tavolo sull’automotive convocato da Ursula von der Leyen il 30 gennaio (con sorprendente, per non dire sospetto, tempismo rispetto alle prese di posizione di Trump). Dove aziende, lavoratori e politici parleranno di multe, investimenti, elettrificazione ed eventuali modifiche a tempi e modi della transizione.
Ma i cittadini europei cosa pensano? Sembra che il 58 per cento di loro sia contrario al divieto di vendita di nuove auto diesel e benzina sancito dall’UE. Lo rivela un’indagine che ha coinvolto 5 mila persone in 27 Paesi del vecchio continente, condotta da Polling Europe su incarico di Ecr, il gruppo dei conservatori riformisti al Parlamento di Strasburgo.
Gli intervistati denunciano i costi elevati, la scarsa autonomia e le difficoltà nella ricarica delle auto a batteria. Sempre le stesse criticità, nonostante i costruttori abbiano investito e fatto passi notevoli in avanti per risolvere queste problematiche. I più contrari allo stop del 2035 sono i francesi (67%). Seguono italiani e tedeschi, entrambi al 59%. Il 39% punterebbe su varie soluzioni anti-inquinamento e non soltanto sull’elettrico. Il 31% vorrebbe una revisione dei limiti per dare più tempo all’industria di adeguarsi alle normative. Soprattutto spagnoli (75%), francesi (71%) e italiani (70%) spingono verso un cambiamento delle attuali regole.
L’altra indicazione riguarda la responsabilità della crisi in atto, individuata nella politica di Bruxelles. Il 37% degli intervistati sostiene che i provvedimenti europei abbiano messo all’angolo i costruttori del vecchio continente, mentre per il 29% la causa della loro disfatta è da ricondurre alla scorretta concorrenza cinese. Stesso orientamento anche nel nostro Paese, dove la crisi viene attribuita alla politica UE (38%), a strategie di prezzo errate (29%) e al confronto con i più competitivi car maker cinesi (19%).