La ministra del Turismo Daniela Santanchè andrà a processo. L’esponente di Fratelli d’Italia è stata rinviata a giudizio dalla giudice per l’udienza preliminare Anna Magelli per false comunicazioni sociali in merito al caso Visibilia, una delle società del gruppo da lei fondato e dal quale ha dismesso le cariche. La senatrice non era presente in aula. Gli imputati in tutto sono 17 tra cui Visibilia srl in liquidazione. Il processo si aprirà il 20 marzo davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Milano. La giudice ha dichiarato prescritte le imputazioni per gli anni dal 2016 al 2018 dichiarando in questo caso il non doversi procedere tra gli altri anche per la ministra. “E’ una decisione che ci lascia l’amaro in bocca, ma che un po’ ci aspettavamo, siamo pronti a dimostrare l’estraneità alle accuse nel dibattimento” ha dichiarato l’avvocato Nicolò Pelanda, difensore di Santanchè. La ministra, ha detto, si aspettava “un esito diverso“.

Le principali forze di opposizione – Pd e M5s – chiedono ora le dimissioni della ministra e se questo non dovesse accadere che questo input arrivi da Palazzo Chigi. “Appena una settimana fa Giorgia Meloni diceva di voler aspettare la decisione della magistratura: ora è arrivata – dichiara la segretaria democratica Elly Schlein -. Non può più continuare a far finta di niente. Lei, che quando era all’opposizione chiedeva le dimissioni per molto meno, ora che fa? Cambia idea anche su questo? Una presidente del Consiglio non può usare due pesi e due misure, soprattutto verso gli amici che lei ha voluto al governo e per cui adesso è politicamente responsabile. Il processo farà il suo corso per accertare se è colpevole, ma quando le accuse sono così gravi chi ricopre le più alte cariche istituzionali deve fare un passo indietro”.

Il leader del M5s Giuseppe Conte ribadisce: “È assolutamente indecoroso per le istituzioni di governo che la Ministra rimanga lì. Meloni, che in passato chiedevi le dimissioni di tutti i Ministri per molto meno, oggi che fai, continuerai a fischiettare indifferente? Non avverti neppure adesso un sussulto di dignità che ti spinga finalmente a tutelare l’immagine e l’onore delle istituzioni?”. E se Santanchè non si dimette “siamo pronti a una seconda mozione di sfiducia” assicura Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato. La Lega rinnova la fiducia alla ministra: “Si è colpevoli dopo tre grandi di giudizio, non prima” si legge in una nota.

L’inchiesta e le accuse su Visibilia
A processo finiscono in tutto 16 persone – tra loro anche il compagno della ministra Dimitri Kunz, la sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero, l’ex compagno della senatrice Canio Giovanni Mazzaro che hanno avuto ruoli all’interno della spa – più una società, Visibilia srl in liquidazione. La giudice ha accettato il patteggiamento di Federico Celoria, ex consigliere di amministrazione, e delle altre due società indagate, Visibilia Editore ed Editrice, che avevano proposto una sanzione amministrativa.

Al centro del contendere c’è, per la procura, il presunto “disegno criminoso” di chi rivestendo allora ruoli apicali avrebbe omesso “ogni attività di accertamento” sul bilancio della spa Visibilia Editore, quotata sul mercato gestito da Borsa Italiana, con il fine “di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto” e l’effetto finale di indurre in errore gli investitori e mettere a rischio la continuità della spa. Le indagini della Guardia di finanza di Milano, coordinate dalla procura e nate su input di alcuni soci di minoranza, tra cui il finanziere Giuseppe Zeno (parte civile insieme ad altri due piccoli azionisti), riguardano i bilanci tra il 2016 e il 2022 che, a dire dell’accusa, sarebbero stati “truccati”. Tra le contestazioni ritenute centrali nell’indagine c’è quella relativa all’iscrizione “nell’attivo dello stato patrimoniale” nei bilanci della spa Visibilia Editore, dal 2016 al 2020, dell’avviamento (il valore intrinseco della società) per cifre che vanno dagli oltre 3,8 milioni di euro a circa 3,2 milioni, senza procedere” alla ”integrale svalutazione” già nel dicembre 2016. “Tutti sapevano e tutti hanno taciuto” delle irregolarità sui conti e della crisi di Visibilia, secondo i pubblici ministeri. Tutti, Santanchè compresa.

“E’ stato confermato quello che abbiamo sempre sostenuto” ossia “che certe operazioni di bilancio non fossero corrette” dice ora proprio Zeno. “Sarò soddisfatto quando rivedrò indietro i miei soldi. Abbiamo perso tra i 350mila e i 400mila euro“, ha aggiunto Zeno che è alla guida dei soci di minoranza che quattro anni fa hanno cominciato una ‘battaglia’, portando la vicenda nelle aule di giustizia. “Non ci volevano dare le informazioni che chiedevamo, come prevede la legge”. L’imprenditore, che ha delegato la quantificazione del danno ai suoi legali, ha ribadito che le attività di indagine hanno dato riscontro alle ipotesi sostenute da lui e dalla cordata di piccoli azionisti che guida.

Le altre inchieste: la presunta truffa all’Inps
Il 29 gennaio la Cassazione dovrà decidere sulla competenza tra Milano o Roma sul caso in cui Santanchè con altri risponde di truffa aggravata ai danni dell’Inps per la vicenda della cassa integrazione per i dipendenti nel periodo Covid. Il processo è sospeso nel frattempo davanti al gup che ha aggiornato l’udienza a fine marzo: a quel punto si capirà se si pronuncerà o meno sul rinvio a giudizio richiesto dalla Procura. La gup Tiziana Gueli, lo scorso ottobre, dopo un’istanza della difesa della senatrice, assistita dai legali Nicolò Pelanda e Salvatore Sanzo, ha deciso, anche sulla base di norme della riforma Cartabia, di rivolgersi alla Cassazione, che dovrà stabilire se la competenza territoriale sia appunto di Milano o di roma. La Capitale, secondo la tesi difensiva, è il luogo in cui è stato effettuato il primo pagamento ad uno dei dipendenti Visibilia, relativo alla cassa integrazione, ossia su un conto bancario romano. Mentre la Procura ipotizza una presunta truffa con una condotta “continuata” su tutti i dipendenti e con l’ultimo pagamento su un conto a Milano di un altro dipendente. La giudice, in merito “alla individuazione del tempo e del luogo del commesso reato”, ha ritenuto “preferibile” la tesi dei pm Marina Gravina e Luigi Luzi del “reato a consumazione prolungata” in quanto i versamenti mensili del contributo speciale a ciascun lavoratore si presentano come una “condotta unitaria” e quindi sussiste la continuazione. Ha deciso, comunque, di sottoporre la questione al vaglio della Suprema Corte e la seconda sezione penale ha fissato udienza “in camera di consiglio senza la presenza delle parti”.

Le altre inchieste: il fallimento di Ki Group
La terza inchiesta in cui è coinvolta Santanchè riguarda la Ki Group, la società della galassia del bio-food guidata dalla senatrice fino a fine 2021. La ministra è indagata con il suo ex compagno Giovanni Canio Mazzaro, al fratello Michele Mazzaro e ad altre persone. Il tribunale fallimentare ha dichiarato la liquidazione giudiziale della società – il vecchio fallimento – dopo aver acclarato “uno stato di definitiva incapacità” di “fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni”. E questo in quanto non avrebbe avuto “più credito di terzi e mezzi finanziari propri” per coprire un “passivo” di oltre 8,6 milioni di euro. Una situazione difficile da sanare e che ha portato i giudici a rigettare la proposta avanzata dai legali: si trattava di un concordato semplificato che puntava su circa 1,5 milioni di euro che sarebbero dovuti arrivare dalla capogruppo Bioera, anche lei però in crisi, tant’è che ai primi di dicembre scorso è stata dichiarata fallita. La parlamentare di Fdi ha affermato di essere “assolutamente certa che verrà dimostrata la totale estraneità a qualsiasi ipotesi di addebito”.

Sullo sfondo c’è poi il fallimento di Bioera, un’altra società del gruppo, dichiarato a dicembre. La sentenza del tribunale è arrivata dopo una richiesta dei pm Gravina e Luzi. Nella relazione del commissario giudiziale, valorizzata dai pm che avevano insistito per la liquidazione giudiziale, veniva indicato che la società ha attualmente un “patrimonio netto negativo”, ossia un ‘buco‘, di circa 8 milioni di euro. Il crac potrebbe portare, poi, come avviene in questi casi, all’apertura in sede penale di un fascicolo per bancarotta a carico di amministratori ed ex.

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