Cecilia Sala, Meloni segue “con costante attenzione”. Rsf: “Detenzione arbitraria, rilascio immediato”

Il giorno dopo la notizia dell’arresto della giornalista Cecilia Sala, Palazzo Chigi fa sapere che la premier Giorgia Meloni, “segue con costante attenzione la complessa vicenda fin dal giorno del fermo, il 19 dicembre. E si tiene in stretto collegamento con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il Sottosegretario Alfredo Mantovano, al fine di riportare a casa al più presto la giornalista italiana. D’accordo con i suoi genitori, tale obiettivo viene perseguito attivando tutte le possibili interlocuzioni e con la necessaria cautela, che si auspica continui a essere osservata anche dai media italiani”. Tre giorni prima del fermo della giornalista, due cittadini iraniani erano stati arrestati in Italia e Usa e Teheran aveva presentato “formale protesta”.
Tajani – “Il governo, dal giorno in cui è stata fermata Cecilia Sala, è al lavoro per cercare di riportarla in Italia. Stiamo lavorando in collaborazione con la presidenza del consiglio, il ministero degli Esteri, la nostra ambasciata a Teheran e il consolato. Cecilia Sala ha già parlato due volte con i genitori. Ieri ha ricevuto una visita consolare da parte della nostra ambasciatrice in Iran per circa mezz’ora. È in buona salute, è in una cella da sola, a differenza della giovane Alessia Piperno che invece era in cella con altre persone che non parlavano nessuna lingua se non la loro. Adesso riceverà attraverso il ministero degli esteri dell’Iran, su consegna della nostra ambasciata, beni di prima necessità – ha detto il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani al Senato – Lavoriamo in perfetta sintonia con la famiglia e insieme alla famiglia il governo chiede discrezione e riservatezza per una trattativa che deve essere diplomatica e deve essere fatta nel modo migliore per garantire la sicurezza e il rientro in Italia di Cecilia Sala”.
A chi gli chiedeva se Sala sia stata vittima di una sorta di rappresaglia di Teheran per l’arresto di un cittadino svizzero-iraniano fermato a Malpensa lo scorso 16 dicembre, il titolare della Farnesina ha risposto: “C’è un detenuto svizzero-iraniano, che è stato arrestato a Malpensa prima di Cecilia Sala perché c’era un mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti d’America. Il detenuto – ha proseguito Tajani – è trattato con tutte le garanzie che noi dobbiamo dare ai detenuti non condannati, ha ricevuto la visita consolare, il suo avvocato ha avuto la possibilità di conoscere i capi di imputazione, ma sono capi di imputazione che vengono da un mandato di cattura internazionale: l’Italia non è competente per il procedimento penale di questo iraniano. C’è stato un mandato di cattura e poi si vedrà l’estradizione, sarà la magistratura a decidere. Al momento è trattenuto in carcere ma con tutte le garanzie che spettano a un detenuto non italiano”. Intanto la Procura di Milano ha aperto un fascicolo a modello 45, ossia senza indagati e senza titolo di reato, sulle modalità con cui è avvenuto l’arresto come confermano all’Ansa fonti qualificate. L’indagine è semplicemente conoscitiva e potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra la emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione, datato 13 dicembre, e il fermo dell’uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni
Le reazioni di Usa e Ue – La detenzione della cronista, che aveva un regolare visto giornalistico di otto giorni e aveva già pubblicato tre interviste, venerdì sera è stata commentata anche dal Dipartimento di Stato Usa. “Siamo a conoscenza e chiediamo ancora una volta il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri detenuti in Iran senza giusta causa – ha affermato un portavoce – Sfortunatamente il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente”, ha aggiunto osservando che “i giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose e devono essere protetti”. Anche la Commissione europea “segue da vicino” ha dichiarato all’Ansa il portavoce dell’esecutivo Ue responsabile per la Politica estera, Anouar El Anouni, senza aggiungere altri commenti a tutela della riservatezza dei contatti diplomatici. A Bruxelles il caso è considerato particolarmente “sensibile”.
Rsf: “Rilascio immediato” – Per Reporter Senza Frontiere “la detenzione della giornalista italiana Cecilia Sala dal 19 dicembre senza alcuna motivazione comunicata ufficialmente dalle autorità iraniane e nonostante avesse un visto valido, presenta tutte le caratteristiche della detenzione arbitraria. Rsf chiede il suo rilascio immediato” si legge in un post su X. Intanto in un post su Instagram il giornalista Daniele Raineri, compagno della cronista, scrive: “Arrivano moltissimi messaggi di solidarietà indirizzati a Cecilia. Appena sarà possibile, saprà di tutto questo affetto. Cecilia Sala è andata a lavorare in Iran con un visto giornalistico. Al penultimo giorno è stata arrestata dalle autorità iraniane e rinchiusa in una cella d’isolamento nella prigione di Evin, a Teheran. La prima visita in carcere è stata autorizzata soltanto dopo otto giorni in isolamento”. La reporter, 29 anni, ha potuto effettuare solo due telefonate.
La diplomazia degli ostaggi – L’arresto arbitrario di cittadini stranieri o con doppia nazionalità ha origini lontane in Iran ed è riconducibile alla cosiddetta ‘diplomazia degli ostaggi’ che in passato ha permesso alla Repubblica islamica, in un contesto di sanzioni economiche e isolamento diplomatico, di usare i prigionieri come leva per ottenere favori o la liberazione di iraniani detenuti all’estero come è stato sottolineato in un recente rapporto dell’Istituto francese per le relazioni internazionali (Ifri) firmato dallo studioso Clement Therme, che esamina in particolare “il caso degli europei detenuti a Teheran”. Dalla Rivoluzione islamica non solo americani ma anche europei, australiani, persone con doppia nazionalità e iraniani residenti all’estero sono finiti nella famigerata prigione di Evin – dove ora è detenuta Sala e dove finì anche Alessia Piperno (rilasciata dopo 45 giorni di detenzione, ndr) – diventando spesso oggetto, palese o in segreto, di trattative di ogni genere.
I precedenti – È del giugno scorso ad esempio il caso, l’ultimo di una lunga serie, di un ex funzionario iraniano, Hamid Nouri, condannato all’ergastolo da un tribunale svedese per il suo ruolo nei massacri delle prigioni del 1988 e poi liberato in cambio di Johan Floderus e Saeed Azizi, due svedesi arrestati arbitrariamente nel 2022 e tornati a casa il 15 giugno di quest’anno dopo aver subito una serie di violazioni dei loro diritti umani in Iran. Floderus lavorava tra l’altro come diplomatico dell’Unione Europea ed era stato formalmente accusato di aver svolto operazioni di spionaggio contro Teheran per conto di Israele. Amnesty International, pur plaudendo al ritorno a casa degli ostaggi, parlò di un “colpo devastante per le persone sopravvissute e i parenti delle vittime” che avrebbe “incoraggiato le autorità iraniane a commettere ulteriori crimini di diritto internazionale, incluso il sequestro di ostaggi, senza temere conseguenze”.
Risale al 2023 invece il rilascio da parte di Teheran di cinque cittadini americani di origine iraniana accusati di spionaggio in cambio della libertà di cinque cittadini iraniani detenuti negli Stati Uniti per reati non violenti. L’accordo che portò allo scambio contemplò anche lo scongelamento da parte di Washington di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani bloccati a causa delle sanzioni Usa: il denaro, congelato in Corea del Sud, fu trasferito su sei conti iraniani in Qatar.