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Cronaca

Ultimo aggiornamento: 16:19 del 26 Luglio

L’ex ufficiale di marina che gestisce il ponte della nave di Emergency: “Quando inizi a salvare persone in mare non riesci più a smettere”

L’ex ufficiale di marina che coordina i soccorsi in mare sulla nave di Emergency: “Sono il primo a tendere la mano ai migranti in mare”
di SImone Bauducco
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In queste settimane un giornalista de Ilfattoquotidiano.it si trova a bordo della nave Life Support di Emergency impegnata nella sua 22esima missione nel mediterraneo centrale. Da quando ha iniziato la sua attività nel dicembre 2022, la nave umanitaria di Emergency ha recuperato 1856 persone. Inizia oggi una serie di video e articoli in cui documenteremo le fasi di preparazione e le operazioni in mare.

“Quando salvi una persona in mare non c’è spazio per le emozioni, ma quando ti rendi conto di quello che hai fatto, vuoi ripeterlo sempre di più e non riesci mai a smettere”. Flavio Catalano ha lavorato per 36 anni in marina. Ha iniziato da ufficiale di macchina per poi fare tutta la carriera sul mare e sotto il mare, nei sottomarini. Oggi è in pensione e gestisce il “deck” della Life Support, la nave di ricerca e soccorso di Emergency. “Perché lo faccio? Innanzitutto per la voglia di tornare sul mare, ma soprattutto per fare una cosa emozionante come quella che fa Emergency” spiega Catalano mentre supervisiona le esercitazioni in mare del “Sar team”, la squadra di ricerca e soccorso. “Le prove sono fondamentali. Nulla è lasciato al caso, i fattori che influenzano l’operazione di soccorso sono veramente tantissimi, è impossibile simularli tutti ma cerchiamo di farlo il più possibile per essere pronti”. Gli imprevisti possono essere tanti. Dal meteo all’arrivo della guardia costiera libica. E così mentre si naviga verso la zona Sar si fanno esercitazioni per tutti gli scenari possibili. “Ci sono tanti modi di fare attivismo, ma su questa barca mettiamo le mani per davvero nelle cose”. È proprio la sua mano ad accogliere i naufraghi dai gommoni di salvataggio alla nave madre. “Quando sono sul ponte si sentono al sicuro perché sono lontani dall’acqua – conclude Catalano – e l’acqua rappresenta il pericolo per loro”.

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