L’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza non si ferma. Anzi, nel mirino dell’esercito ci sono anche le scuole. Da Berlino, con un post sul social network X, ha alzato la voce il ministero degli Esteri tedesco: “Che vengano uccise persone che cercano rifugio in una scuola è inaccettabile. I ripetuti attacchi alle scuole da parte dell’esercito israeliano devono avere fine. I civili, soprattutto i bambini, non devono rimanere intrappolati tra due fronti”.

Scuole sotto attacco, l’allarme dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi – Secondo l’Unrwa, solo negli ultimi quattro giorni a Gaza sono state colpite quattro scuole. L’agenzia Onu, prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, gestiva 284 scuole nell’enclave palestinese. “Passati nove mesi, sotto i nostri occhi, continuano in modo implacabile e incessante uccisioni, distruzione e disperazione – ha incalzato Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia per i rifugiati palestinesi – Gaza non è un posto per i bambini”. Il numero 1 dell’Unrwa ha rilanciato l’appello ad un cessate il fuoco immediato, per evitare l’assuefazione collettiva al “disprezzo del diritto umanitario internazionale”.

Una delle scuole colpite dalle bombe è al-Awda a Khan Younis, nel sud di Gaza, diventata un rifugio per sfollati. Il bilancio è di circa 50 feriti e 29 morti (per lo più donne e bambini) stando ai medici palestinesi citati da Al Jazeera. Sulla tragedia, le Forze di difesa israeliane hanno affermato di aver aperto un’inchiesta. L’obiettivo dell’attacco, ha chiarito l’Idf, era un terrorista del movimento islamista palestinese coinvolto nell’attacco del 7 ottobre, nascosto nei paraggi dell’istituto al-Awda. E’ insorto anche l’Alto rappresentante per la politica estera Ue: “Per quanto tempo i civili innocenti sopporteranno il peso di questo conflitto? – si è chiesto Josep Borrell in un post su X – Condanniamo qualsiasi violazione del diritto internazionale: i responsabili devono rispondere delle loro azioni. È imperativo raggiungere immediatamente un cessate il fuoco”.

Secondo l’agenzia per i rifugiati, due terzi delle scuole gestite nella Striscia hanno riportato danni durante il conflitto: alcune sono state bombardate, molte danneggiate in modo grave. “Sono passate dall’essere luoghi sicuri per l’istruzione e di speranza per i bambini, a rifugi sovraffollati, spesso sono diventate luogo di morte e miseria”, ha scritto via X Lazzarini.

Gaza City, incursione nella sede Unrwa. Volantini israeliani sulla città: “Fuggite a Sud” – Non solo le scuole gestite dall’Unrwa. Anche la sede dell’agenzia, a Gaza City, è stato attaccato dall’esercito la notte scorsa. Un’incursione mirata, secondo i militari di Tel Aviv, “contro i terroristi di Hamas e della Jihad islamica che operavano all’interno del quartier generale dell’Unrwa”. La struttura sarebbe stata usata “come base per condurre attacchi contro le truppe dell’Idf nella Striscia di Gaza centrale”: lo ha affermato l’Idf su Telegram. L’esercito israeliano ha annunciato di aver eliminato i terroristi in un combattimento ravvicinato e di aver “localizzato grandi quantità di armi nell’area”.

L’incursione nella sede dell’Unrwa sarebbe iniziata “dopo l’apertura di un corridoio definito per facilitare l’evacuazione dei civili dall’area”, ha rivendicato L’Idf. Su Gaza City piovono i volantini dell’esercito di Netanyahu per spingere gli abitanti di Gaza City a lasciare la città per dirigersi verso Sud. La città, recita il volantino visto da un giornalista dell’Afp, “resta una zona pericolosa di combattimenti”.

Non solo la City, l’esercito incombe lungo l’intera Striscia per stanare i miliziani di Hamas. In un incontro con gli ufficiali della 99esima divisione a Gaza City, il capo di stato maggiore Herzi Halevi è stato chiaro: “Stiamo applicando pressioni militari in varie forme. Ciò che si sta facendo a Rafah è diverso da ciò che state facendo qui. Quello che state facendo qui è diverso da quello che sta succedendo adesso a Shejaiya, o dalla missione del corridoio” di Netzarim o “dall’area di sicurezza lungo il confine”. L’ufficiale ha ricordato il minimo comun denominatore degli interventi militari: “non c’è modo di galleggiare o di restare fermi. Ogni giorno state realizzando importanti risultati. Stiamo pianificando in anticipo, cercando opportunità” per colpire “alti funzionari, infrastrutture e operatori, e lo facciamo con tutti i tipi di metodi”.

Del resto, l’Idf occupa già il 26% della Striscia, secondo il quotidiano progressista di Tel Aviv Haaretz. Strade, basi, infrastrutture: lo scopo sarebbe accontentare la destra fondamentalista del ministero Ben Gvir, con al’mbizione di aprire la strada ai coloni per nuovi insediamenti. Uno scenario già bocciato da Stati Uniti e Unione europea.

Negoziati, le linee rosse di Israele e le frizioni con Biden – Uno dei pilastri di Israele, nelle trattative con la milizia integralista, è scongiurare “il ritorno di migliaia di terroristi armati nel nord di Gaza”. Non è l’unico principio inderogabile indicato da Benjamin Netanyahu per i negoziati di Doha, capitale del Qatar, dove i capi dell’intelligence israeliana sono riuniti per un summit con i mediatori di Usa, Egitto e Qatar. Nell’incontro odierno con Brett McGurk – l’inviato del presidente Biden per il Medio Oriente – il premier di Tel Aviv ha ricordato il rispetto delle “linee rosse”, come unica via per giungere alla tregua. I punti irrinunciabili, per Israele, sarebbero 4: impedire il contrabbando di armi dall’Egitto a Gaza; consentire a Israele di riprendere i combattimenti fino al conseguimento di tutti “gli obiettivi della guerra”; salvare più ostaggi possibile dagli aguzzini di Hamas. Infine, liberare Gaza city dalle milizie integraliste.

L’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Mark Herzog, intervistato dalla radio dell’esercito, ha lanciato una stoccata all’indirizzo di Joe Biden. Per il diplomatico, il presidente Usa caldeggia un accordo, sulla base del suo piano, con lo scopo di “per prendersene il merito”. Come se la Casa Bianca puntasse al cessate al fuoco per motivi squisitamente elettorali, in vista del voto di novembre nella sfida con Donald Trump. Herzog ha ammesso le controversie tra Washington e Gerusalemme sulla guerra ad Hamas, ma resterebbero “forti” le relazioni Usa-Israele.

Dal Libano il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, si dice pronto a “cessare” gli attacchi verso il nord di Israele, “senza alcuna discussione o negoziazione”, qualora andasse in porto la trattativa per una tregua tra Israele e Hamas. Nasrallah ha lanciato il suo appello durante la commemorazione Mohammed Nasser, l’alto funzionario di Hezbollah ucciso in un attacco di Tel Aviv la scorsa settimana. Dal 7 ottobre, il lancio di razzi al confine procede quasi quotidianamente, tra Idf e la milizia filo-iraniana.

Dal summit Nato di Washinghton, il ministro degli Esteri Antonio Tajani si è detto favorevole all’accordo: “Ci auguriamo che tutti i colloqui su Gaza possano arrivare finalmente ad una soluzione positiva: liberazione degli ostaggi e cessate il fuoco”. Il vicepremier ha promosso la soluzione dei “due popoli due Stati, per garantire anche al popolo palestinese una patria e dare un sogno a tante persone che in questo momento stanno soffrendo e non possono essere assimilate ad Hamas, che è il principale responsabile di ciò che sta accadendo”.

La conta delle guerra: i morti di Gaza salgono a 38.295, 327 vittime tra i soldati israeliani – Da ambo i fronti, procede la contabilità di morti e feriti. Da Tel Aviv, Yoav Gallant ha rivendicato i danni inflitti alle milizie di Hamas: “Il 60% dei terroristi” sarebbero stati uccisi o feriti dalle forze israeliane; “eliminati” la maggior parte dei “battaglioni”. Sono i dati citati dal il ministro della Difesa in un intervento alla Knesset. Gallant ha ricordato anche gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas: la metà sarebbe tornata a casa. Le vittime tra i soldati israeliani dall’inizio del conflitto salgono a 327: ieri è deceduto il sergente Tal Lahat, 21enne di Kfar Sab, in un combattimento nel centro della Striscia.

A Gaza, invece, i palestinesi uccisi dall’esercito israeliano salgono a 38.295, secondo il governo di Hamas. I feriti sarebbero almeno 88.241. Nelle ultime 24 ore 52 palestinesi sono stati uccisi e 208 feriti. L’autorevole rivista scientifica The Lancet, pochi giorni fa ha fornito una stima da brividi: “Fino a 186mila le vittime probabili della guerra a Gaza, è il 7,9% della popolazione”.

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