“C’è il Dna di Unabomber“. Alcuni quotidiani del Nordest riportano la notizia che dall’analisi di vecchi reperti, estratto alla luce di nuove tecniche investigative, sono state ottenute informazioni che potrebbero essere cruciali per individuare il colpevole degli attentati compiuti dal 1994 al 1996 e dal 2000 al 2006 nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia. L’inchiesta sul caso è stata riaperta di recente in seguito a quanto rilevato da un giornalista e due delle vittime che hanno chiesto e ottenuto di riesaminare alcuni reperti. Nel fascicolo figurano i nomi di 32 persone (di cui una è deceduta), molte delle quali hanno acconsentito al prelievo del Dna. Tra loro anche due personaggi già noti, i fratelli Elvo e Galliano Zornitta, il primo dei quali è stato a lungo il principale sospettato, anche se poi è stato scagionato.

Secondo i giornali alcuni reperti sono stati sottoposti a un’analisi più completa e approfondita: formazioni pilifere celate da una bomboletta di stelle filanti, un uovo, un tubo filettato, nastri isolanti sequestrati intatti da confezioni di pomodoro e di maionese, rilievi dattiloscopici, un inginocchiatoio, una scatoletta di sgombro, un congegno inserito sotto la sella di una bicicletta, una bottiglia di Coca Cola. I giornali ricordano anche la proroga chiesta due mesi fa dai periti Giampietro Lago ed Elena Pilli, quest’ultima già consulente nel caso Yara Gambirasio, e con competenze specifiche proprio nell’estrazione del Dna mitocondriale.

“Era già stato ripetutamente estratto un Dna di Unabomber, quindi non so quale ulteriore approfondimento sia stato fatto, quali nuovi accertamenti” commenta l’avvocato Maurizio Paniz, legale di fiducia di Elvo Zornitta, l’ingegnere di Corva di Azzano Decimo (Pordenone) indagato per anni nella vicenda. Il legale, ricordando di essere “sempre stato felicissimo di qualsiasi indagine, di qualsiasi approfondimento”, esprime “significativi dubbi sulla conservazione dei reperti perché in questi anni le manipolazioni possono essere state molteplici e quindi non credo sia stata garantita la conservazione” integra dei reperti stessi.

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