L’annuncio del forfait di Jannik Sinner dagli Internazionali d’Italia di Roma per i problemi all’anca è stato un colpo durissimo da digerire per tutto l’ambiente, che da mesi si stava preparando per trascinare l’azzurro dopo i grandi successi raggiunti negli ultimi mesi, in particolare la Coppa Davis e gli Australian Open. Un’autentica “coltellata”, come l’ha definita il presidente della Federtennis Angelo Binaghi. Una situazione che adesso andrà monitorata giorno dopo giorno in vista del Roland Garros.

Mancano 20 giorni a Parigi, i tempi sono sufficienti e stretti allo stesso tempo. La delicatezza del tipo d’infortunio è tanta: così Sinner durante la conferenza stampa pre-torneo romano ha ventilato l’ipotesi di saltare anche il secondo Slam stagionale: “Ora resterò qualche giorno a riposo, poi inizieremo a preparare il Roland Garros anche se stiamo stretti coi tempi e saltare Roma non è il massimo per presentarsi lì. Vedremo tra una settimana, a Parigi giocherà solo se sarò al cento per cento, altrimenti ci ragionerò”.

Una dichiarazione dettata dalla cautela del momento, ma che aiuta ad inquadrare meglio il problema fisico occorso all’azzurro, passato nel giro di poche settimane da fastidio a dolore, a qualcosa su cui non è saggio scherzare, che non consente forzature. In ballo infatti non c’è soltanto la presenza a qualche torneo, ma qualcosa di più. E a farlo trapelare è stato ancora lo stesso Sinner: “Pensavamo che non fosse niente di particolare, poi con la risonanza abbiamo visto che c’era qualcosa che non andava anche se adesso non voglio entrare nei dettagli. Pensiamo di avere tutto sotto controllo, ma mi fermo fino a quando non risolvo bene il problema perché non voglio buttare via magari tre anni di carriera. Non ho fretta, curare il corpo è la cosa più importante”.

Rinunciare al Roland Garros per ora è una possibilità abbastanza remota. Tutto dipenderà dal decorso della situazione. L’anca è uno dei punti più delicati e sollecitati per un tennista, soprattutto per chi ha il gioco di Sinner, fatto di cambi di direzione, arresti improvvisi e rotazioni. Non c’è spazio quindi per recuperi frettolosi o parziali. Un’area messa a dura prova, che va trattata con cura, anche perché in passato ha causato vittime illustri, tra ritiri e ridimensionamenti di prospettive. Si pensi solo a Lleyton Hewitt o Gustavo Kuerten. Il caso più celebre e recente è però quello di Andy Murray.

L’ex numero uno del mondo e tre volte campione Slam continua a convivere con i problemi all’anca, arrivati in maniera continua e limitante dopo essere riuscito a raggiungere il livello di Djokovic, Federer e Nadal alla fine del 2016. Lo sforzo fisico enorme, compiuto per colmare definitivamente il gap con i Big Three, ha però poi chiesto il conto nel giro di pochi mesi, ridimensionando la sua carriera dopo Wimbledon 2017. Murray oggi ha 37 anni, continua a giocare, ma è dovuto venire a patti con la sua nuova condizione, tradottasi in un ranking tra la posizione 35 e la 100. Il ritiro dal gioco è stato impedito grazie a due operazioni chirurgiche e all’impianto di una protesi. La tecnica utilizzata è quella dell’hip resurfacing, il rivestimento dell’anca, particolarmente adatta a individui giovani e con alta richiesta funzionale come gli sportivi. Un metodo che gli ha permesso di mantenere intatto l‘osso femorale, a cui è stata applicata una sorta di guscio, una protesi di acciaio che ricopre la testa del femore e la superficie acetabolare, lasciando inalterata la forma. Gli obiettivi Slam, Masters 1000 e vetta del ranking sono però un lontano ricordo dal quel 2017.

Per fortuna la situazione dell’anca destra di Sinner non è la stessa di quella dello scozzese. Tutto è pensato per un completo recupero e per riprendere il prima possibile la caccia ai grandi obiettivi e al numero 1 del mondo. Alla luce però della potenziale pericolosità di un infortunio in quel punto e dei casi del passato, la prospettiva di saltare il Roland Garros – se questa fosse necessaria o consigliabile – sarebbe qualcosa di certamente amaro, ma non assurdo. Un dazio da pagare per avere in cambio la garanzia di giocare a Roma ad altissimo livello (e in tutti gli altri maggiori tornei), come ha dichiarato l’altoatesino, per “altri 10 o 15 anni”.

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