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Separazione carriere, il documento dei giudici europei: “Il progetto in discussione in Italia indebolisce i pm e ne mina l’indipendenza”

Separazione carriere, il documento dei giudici europei: “Il progetto in discussione in Italia indebolisce i pm e ne mina l’indipendenza”
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“Un grave attacco all’indipendenza della magistratura“, capace di “minare l’attuale equilibrio di poteri esistenti in Italia” e di porre il nostro ordinamento “in contrasto con gli standard europei”. Così, in una risoluzione approvata al meeting di Varsavia del 26 aprile scorso, l’Associazione europea dei giudici (European association of judges, Eaj) definisce i progetti di legge costituzionale in discussione in Parlamento sulla separazione delle carriere, la riforma-bandiera del berlusconismo, che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato di voler riproporre in un ddl governativo da presentare a breve. Nel documento, l’Eaj (organismo di rappresentanza sovranazionale delle toghe, a cui aderisce per l’Italia l’Associazione nazionale magistrati) critica i contenuti delle quattro proposte parlamentari (firmate rispettivamente da Lega, Forza Italia, Azione e Italia viva) non sulle carriere separate in quanto tali, che esistono in molti Stati europei, ma sulle modalità pericolose con cui la riforma si vorrebbe realizzare nel nostro Paese.

I testi depositati, si legge infatti, “includono la sostituzione dell’esistente Consiglio superiore della magistratura, che ricomprende sia i giudici che i pubblici ministeri, con due consigli separati, nello specifico un Consiglio superiore per la magistratura giudicante ed un Consiglio superiore per la magistratura requirente. Si prevede, inoltre, che metà dei membri di ogni consiglio siano nominati dal governo” (mentre ora i “laici” sono un terzo e di nomina parlamentare); che la legislazione ordinaria possa stabilire che i membri scelti tra i magistrati vengano selezionati tramite meccanismi non elettivi, incluso il sorteggio, invece di essere eletti tra i loro pari; che al Consiglio superiore sia sottratta ogni possibilità di difendere l’indipendenza dei singoli giudici”, con l’apertura delle cosiddette “pratiche a tutela“; che i Consigli superiori non possano esprimere pareri su proposte legislative”, come invece adesso hanno la facoltà (e a volte l’obbligo) di fare.

Nella risoluzione, l’Eaj ricorda che “l’obiettivo precipuo di ogni organo di autogoverno”, qual è in Italia il Csm, è quello “di proteggere l’indipendenza della magistratura e del singolo giudice” e per farlo “dev’essere indipendente e libero da influenze politiche del potere esecutivo dello Stato”. Inoltre, “ogni consiglio deve essere improntato al principio democratico e poter svolgere con efficacia il mandato istituzionale, il che comporta che i membri scelti tra i magistrati dovrebbero essere eletti dai loro pari, che si trovano nella posizione di valutare le qualità e le capacità dimostrate dai candidati per contribuire alle funzioni ed alle responsabilità del consiglio. La proposta secondo cui i membri scelti tra i magistrati siano eletti a sorte non è coerente con l’esigenza di una scelta democratica nell’ambito della magistratura”.

Secondo i giudici europei, il progetto di separare le carriere dei magistrati e quello di limitare l’obbligatorietà dell’azione penale (oggetto di un altro disegno di legge parlamentare) sono “tentativi di indebolire la posizione dei pubblici ministeri” e di limitarne l’indipendenza: “Nonostante tali proposte siano descritte dai loro fautori come idonee ad assicurare l’imparzialità del giudice ed a rafforzare il principio del contraddittorio nel processo penale, a un esame obiettivo esse legittimano una ampia estensione degli spazi di influenza che la politica può esercitare sull’attività giurisdizionale, così indebolendo le essenziali prerogative di autonomia ed indipendenza della magistratura, le quali entrambe si qualificano come prerequisiti indispensabili per il corretto esercizio della funzione giurisdizionale in uno Stato di diritto”. L’Eaj, è la conclusione, “sollecita le Autorità italiane a riconsiderare le proposte in esame ed a tenere presente l’esigenza che l’Italia non adotti iniziative che si discostino dagli standard europei”.

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