Gli esperti dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, il braccio contabile della Commissione europea in Italia introdotto molto opportunamente con il Fiscal Compact del 2012, non hanno mai dato grandi soddisfazioni ai governi in carica, di sinistra prima e di destra ora. Con linguaggio tendente al tecnicismo e con toni volutamente sfumati hanno quasi sempre criticato, anche con severità, le politiche fiscali nostrane.

Ancora più gradita è allora al governo la recente memoria dell’Upb sui bonus edilizi che stavolta è quasi filogovernativa. La tesi degli esperti va nel senso di denunciare, buoni ultimi, la balordaggine finanziaria di questo intervento di politica fiscale e i suoi presunti effetti devastanti secondo la narrazione portata avanti in ogni dove dal ministro Giorgetti.

La memoria non dice cose nuove ma ci aiuta nella ricostruzione degli eventi e soprattutto nell’individuazione delle responsabilità politiche. Partendo dai fatti noti e arcinoti, gli studiosi calcolano che l’agevolazione introdotta nel maggio del 2020 abbia procurato a regime un esborso per lo Stato di 170 miliardi. I ricercatori hanno buon gioco nell’evidenziare come ci sia stato un enorme scarto tra le previsioni e l’esborso effettivo per lo Stato. Questa differenza è dovuta ad alcuni fattori di novità assoluta, tra cui spiccano la generosità dell’intervento pubblico e la possibilità di cedere il credito. All’inizio il meccanismo si è mosso lentamente ma poi, come la famosa palla di neve che scende a valle, si è ingrossato velocemente.

A chi addossare la responsabilità di questa follia finanziaria che non ha precedenti nella storia fiscale italiana? Qui la dettagliata ricostruzione dell’Upb ci aiuta, anche se i ricercatori tengono un tono distaccato con un effetto a volte comico. La miccia è stata indubbiamente accesa dal M5S nella persona del deputato Riccardo Fraccaro. Il clima isterico della pandemia ha creato l’ambiente ideale per questa norma pensata più per l’ecologia che per l’edilizia, almeno all’inizio.

Poi a febbraio 2021 è subentrato il governo Draghi. La stoltezza finanziaria non è sfuggita all’economista, che però non si è reso conto dell’altezza della marea che stava arrivando. Le sue misure di contenimento si sono rivelate poco efficaci e il debito ha cominciato a ingrossare paurosamente. Draghi poteva fare decisamente di più, ma ha abdicato al suo ruolo di tecnico serioso e quasi antipatico, alla Monti per capirci, per abbracciare un populismo di mezzo, anche perché i suoi azionisti erano la banda dei quattro: Pd, Lega, M5S, Fi, tutti favorevoli al Superbonus. Se voleva mantenere il gradito scranno di primo ministro probabilmente di più non poteva fare.

Che tutta la classe politica avesse abbracciato la causa del Superbonus è documentato anche dalle elezioni del settembre 2022, dove il tema del buco da bonus edilizio è stato ignorato. In particolare, era Fi che richiedeva un allargamento dei pochi paletti posti da Draghi. A dire il vero, l’unico partito che si è tenuto alla larga dal super bonus è stato FdI, ma con ben altri e più corposi interventi populisti in agenda.

In definitiva, il testo dell’Upb denuncia il fallimento programmatico e voluto della nostra mediocre classe politica che ha usato la moneta fiscale in maniera sconsiderata. Un fallimento, senza se e senza ma, che richiederebbe una corposa autocritica, anche da chi da ministro dello Sviluppo economico ai tempi del buco è passato ora a quello dell’economia, cambiando però spartito.

Ma allora, in che senso la memoria porta acqua al mulino governativo? Semplicemente perché gli esperti si limitano alla pars destruens, che peraltro è molto facile visto che i dati sono copiosamente disponibili, come se il Superbonus fosse il male assoluto per le casse pubbliche e, una volta risolto, si potesse navigare in acque più tranquille. Manca completamente la pars construens, cioè l’analisi degli effetti positivi in chiave keynesiana di questa valanga di soldi che si è abbattuta sull’economia.

Quindi il rapporto è colpevolmente monco e parziale. Scelta deliberata di dare un aiutino a chi sta in alto oppure semplicemente un’analisi limitata a quello che è successo? Attendiamo allora con fiducia una seconda memoria che esplori anche l’altra faccia del Superbonus.

Queste analisi sono già state fatte e quindi il terreno è dissodato. La voce autorevole dell’Upb farebbe comodo. Se il Superbonus edilizio è stato un super errore da pandemia, cioè il tentativo di rispondere a circostanze eccezionali con misure nuove e mai sperimentate, ora la strada dovrebbe essere quella di una ritrovata prudenza finanziaria.

Ma per questo secondo tempo il ministro Giorgetti, non proprio capitano coraggioso, non è preparato e aspetta che sia la Commissione europea a settembre a dettare le nuove condizioni. Sovranismo populista e ipocrita all’italiana insomma: il debito lo facciamo noi, incassando il dividendo elettorale, e i sacrifici necessari per rimettere il bilancio a posto diciamo che sono imposti dall’Europa, scaricando altrove ogni responsabilità. Qui non è carente la finanza, ma la qualità della classe politica.

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