“…lo colpiva con più cinghiate anche nelle parti genitali fino a provocarne il sanguinamento (…) lo lasciavano completamente nudo dentro la stanza per un’ora, senza nessun indumento o coperta; (…) lo svegliavano per spostarlo dalla sua cella e lo colpivano nuovamente in faccia con schiaffi e pugni, insultandolo con termini quali ‘sei un bastardo, sei un arabo zingaro, noi siamo napoletani, voi siete arabi di merda’”. I racconti che si leggono nell’ordinanza che ha disposto 13 custodie cautelari in carcere e 8 sospensioni dall’esercizio del pubblico ufficio per presunti abusi e violenze nel carcere minorile Beccaria di Milano sono agghiaccianti, ancor più se si pensa che si riferiscono a ragazzini adolescenti o poco più. Il procedimento penale riguarda ben 25 agenti di polizia penitenziaria, più o meno la metà di quelli presenti nell’istituto. Non un episodio isolato. L’atto parla infatti di un ‘sistema’ Beccaria che andava avanti da anni.

“…lo trascinava fuori dalla cella afferrandolo per la maglia e lo spingeva mentre il detenuto era privo di scarpe lungo quattro piani di scale”; “…conducevano il detenuto all’interno della stanza degli assistenti, ove un gruppo di sette assistenti (…) lo aggredivano; in particolare lo ammanettavano con le mani dietro alla schiena, così provocandogli la lussazione della spalla, lo colpivano ripetutamente con uno schiaffo, un pugno, più calci di cui uno nelle parti intime che gli procurava l’annebbiamento della vista e gli sputavano addosso”. Leggere questi resoconti insieme alle dichiarazioni fatte nel recente passato da sindacati autonomi di polizia penitenziaria fa una strana sensazione: “Adesso è prioritario catturare gli evasi ma la grave vicenda porta alla luce le priorità della sicurezza (spesso trascurate) con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della polizia penitenziaria del Beccaria”. Il riferimento è ai sette ragazzi che nel Natale del 2022 hanno lasciato il carcere approfittando delle impalcature montate per i lavori di ristrutturazione. Qualcuno è andato a casa dai genitori che lo hanno subito riportato in carcere, qualcun altro è andato dai nonni che hanno telefonato alla direzione. Nel giro di poche ore tutti erano di nuovo dietro le sbarre. Non proprio un’evasione da esperti criminali.

E ancora, nel settembre scorso, quando un ragazzino minorenne straniero sempre al Beccaria aveva tentato di scavalcare un cancello senza riuscirci: “chiediamo l’immediata applicazione dell’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede restrizioni adatte a contenere soggetti violenti e pericolosi. Sarebbe opportuno dotare al più presto la polizia penitenziaria del taser o, comunque, di altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato”. Nel frattempo, l’atto del gip racconta: “…lo prendeva per il collo e lo sbatteva a terra facendolo cadere a faccia in giù; subito dopo i quattro assistenti lo colpivano, con calci e pugni, mentre il detenuto si trovava a terra e piangeva, fino a farlo sanguinare dalla bocca, procurandogli un ematoma viola all’occhio e uno alla testa; dopo lo conducevano in bagno dicendogli ‘Figlio di puttana vedi di sciacquarti perché altrimenti te ne diamo altre’”; “…mentre continuava a colpirlo insultava il detenuto e lo minacciava dicendogli ‘Ti sparo, ti ammazzo’”.

È da tempo che esprimiamo la nostra preoccupazione sullo stato del sistema penitenziario minorile. Lo scorso 20 febbraio abbiamo pubblicato il nostro rapporto periodico sulla giustizia minorile in Italia e lo abbiamo intitolato “Prospettive minori”, proprio per segnalare questa nostra preoccupazione. Visitiamo con continuità le carceri minorili e la tensione interna si percepisce in molte di esse. Enormemente l’abbiamo percepita al Beccaria. Abbiamo denunciato la gestione disciplinare e farmacologica dei ragazzi (in una visita trovammo un’intera sezione di minorenni addormentata sul letto alle 11 di mattina). Non potevamo immaginarne la gestione violenta.

La giustizia minorile italiana ha una storia importante proprio in quanto è stata nei decenni capaci di mettere al centro un approccio educativo ai ragazzi e non meramente punitivo. I giovani vanno educati, sono personalità in evoluzione che non possono venire inchiodate al momento della commissione del reato. Tutti gli attori devono cooperare verso questo fine. Far passare il messaggio che siano pericolosi criminali è estremamente dannoso.

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