Il presunto “record nella lotta all’evasione“? Dipende da rottamazioni e pace fiscale, che nulla hanno a che vedere con la capacità dell’Agenzia delle Entrate di far emergere basi imponibili e imposte non dichiarate. Gli ultimi decreti attuativi della delega fiscale varati dal governo Meloni? “Non pienamente coerenti con l’esigenza di indurre una maggiore tax compliance”. La Corte dei Conti coglie l’occasione dell’audizione sul Documento di economia e finanza per bocciare su tutta la linea le ultime mosse dell’esecutivo in materia di fisco.

Il provvedimento sulle sanzioni amministrative e penali, già criticato dagli addetti ai lavori perché rende più conveniente non pagare le imposte, secondo il presidente Guido Carlino rischia “di indebolire la deterrenza che necessariamente è chiamato ad esercitare il sistema sanzionatorio“. Perché “se da una parte appare ragionevole una attenuazione delle sanzioni amministrative, ciò deve avvenire a condizione che le stesse recuperino in effettività e tempestività“. Invece il governo si è fermato alla prima parte. Mentre la situazione sotto il profilo dell'”impiego evoluto delle tecnologie e delle banche dati” resta “insoddisfacente”, a giudizio della magistratura contabile: “Marginale risulta ancora l’utilizzazione dei dati finanziari, che non vengono utilizzati per favorire l’adempimento spontaneo, sviluppando – come pure sarebbe tecnicamente possibile – un costruttivo confronto già in sede pre-dichiarativa con i dati della fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici”. E si continua a non investire abbastanza nell’amministrazione fiscale, che è sotto organico e “le cui risorse andrebbero costantemente alimentate nel tempo, in modo tale da assicurare la necessaria continuità di azione nel supportare i contribuenti in sede di adempimento e di controllo sostanziale dei loro comportamenti”.

Quanto alla riforma della riscossione, vero buco nero che vanifica la credibilità della lotta all’evasione, nel decreto legislativo approvato a marzo “si deve rilevare l’assenza di una effettiva strategia in tema di riscossione coattiva” nonostante la Corte abbia “segnalato i limiti giuridici e organizzativi che ostacolano le procedure di riscossione” e i danni di rateizzazioni e condoni. Il cui principale risultato è allargare la platea degli evasori parziali o totali “o comunque di coloro che, a seguito delle possibilità offerte dallo stesso legislatore, adempiono in ritardo e senza corrispondere né interessi, né sanzioni”.

La premier Giorgia Meloni e la sua maggioranza continuano però a rivendicare i risultati ottenuti nel 2023 in termini di recupero di gettito nell’attività di contrasto all’evasione fiscale: 24,7 miliardi, secondo le Entrate. Che cosa non torna? 19,6 miliardi sono derivati dalle attività di promozione della compliance e di controllo ordinaria ma ben 5,1 miliardi sono “relativi a incassi da misure straordinarie” ricorda la Corte. Positivo l’aumento dei versamenti derivanti da lettere di compliance – uno degli obiettivi del Pnrr – che sono raddoppiati rispetto al 2019 salendo a 4,2 miliardi. Ma è invece “limitata” la quota di versamenti “riconducibile a un vero e proprio accertamento e rettifica dei dati dichiarati dai contribuenti e all’individuazione di maggiori basi imponibili e imposte originariamente non dichiarate”.

Nel complesso “la situazione italiana continua a caratterizzarsi per elevati livelli di evasione nel settore dell’imposizione personale sul reddito, segnatamente per ciò che riguarda le attività indipendenti“. Cioè i lavoratori autonomi, la cui “propensione al gap Irpef” – la quota sottratta alle Entrate rispetto alla cifra attesa se tutti pagassero il dovuto – stando all’ultima Relazione sull’evasione allegata alla Nadef si è attestata nel 2021 al 67,2%, il che equivale a 30 miliardi di buco. Valore abnorme se si pensa che, prendendo la media di tutte le imposte, lo stesso indicatore si è fermato a poco più del 15%. Eppure proprio a quei contribuenti il governo di destra ha “regalato” l’estensione della flat tax e il varo del concordato preventivo biennale.

Articolo Precedente

Cresce il supporto per una tassa minima globale sui super-ricchi. I Nobel Duflo e Stiglitz: “Ecco perché è necessaria, fattibile e giusta”

next
Articolo Successivo

Deficit 2023 rivisto ancora al rialzo per i costi del Superbonus: sale al 7,4% del pil. Eurostat: “Il più alto dell’Unione”

next