L’Associazione delle banche italiane (Abi) conferma che la discesa dei tassi di interesse applicati ai mutui prosegue. Mercoledì scorso la Banca d’Italia aveva certificato una flessione a febbraio. Oggi le banche parlano di un calo anche a marzo. Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è sceso al 3,79% dal 3,89% di febbraio e rispetto al 4,42% di dicembre 2023, si legge nel bollettino mensile. Il rapporto registra anche un calo sui tassi di mercato nei primi 10 giorni di aprile. Lieve discesa anche per i tassi praticati alle imprese che accedono un finanziamento. Il tasso medio si attesta ora al 5,26% dal 5,34% di febbraio 2024 e dal 5,45% di dicembre 2023. Il tasso medio sul totale dei prestiti (quindi sottoscritti negli anni) è sceso al 4,79% dal 4,80% nel mese precedente. La diminuzione dei tassi riflette la discesa dei tassi Bce e incorpora la previsione di un nuovo taglio del costo del denaro il prossimo giugno. Dopo di che si vedrà ma in assenza di segnali sulla volontà della banca centrale di ulteriori tagli è possibile che la spinta al ribasso si ridimensioni.

Si presta a tassi un poco più bassi ma si presta anche di meno. In marzo, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi del 2,6% rispetto a un anno prima, mentre a febbraio 2024 avevano registrato un calo del 2,5%, quando i prestiti alle imprese erano diminuiti del 3,8% e quelli alle famiglie dell’1,3% . Una discesa, sottolinea l’Abi nel suo rapporto mensile “coerente con il rallentamento della crescita economica che contribuisce a deprimere la domanda di prestiti”. Possibile che contribuisca anche un atteggiamento delle banche un po’ più selettivo, visto che con i tassi più bassi gli istituti di credito guadagnano di meno.

Intanto, alle prese con salari rimasti molto indietro rispetto all’inflazione e prezzi che continuano a salire, gli italiani intaccano i risparmi. Stando ad un rapporto Fabi, il principale sindacato dei bancari, il denaro depositato sui conti correnti a fine 2023 ammontava a 1.153 miliardi di euro, in calo di 43 miliardi rispetto all’anno prima. La discesa può dipendere anche dalla decisione di spostare i soldi in depositi o prodotti finanziari più remunerativi come i conti deposito, che offrono qualche punto percentuale di rendimento se si accetta di vincolare il denaro per un certo periodo di tempo. Del resto gli interessi corrisposti dalle banche sui conti corrente, in Italia, non si sono praticamente mai schiodati dallo “zero virgola”, a differenza di quanto accaduto altrove. Una strategia che ha contribuito a gonfiare di profitti i bilanci delle banche. Stando al rapporto Fabi, con 5mila euro sul conto corrente in banca si guadagnano 18,2 euro l’anno a Trento e Bolzano, 15 euro a Firenze, 13 euro a Roma, 11 euro a Milano e Perugia. La stessa somma, invece, frutta appena 6,5 euro a Napoli, 7 euro a Trieste, 8 euro a Catanzaro, Potenza, Genova e Aosta. Poco più fortunati i correntisti di Torino con “incasso” annuo da 8,5 euro. Se di considerano le spesse per il mantenimento del conto si finisce ampiamente “sotto”.

“Gli sforzi che fa un correntista a non veder remunerato il proprio risparmio sono ancora più grandi per le famiglie che vivono al Sud, già colpite dalla sperequazione lavorativa ed economica. I troppi soldi che dormono in banca rappresentano una parte importante della ricchezza del Paese e un guadagno indiretto per gli istituti di credito”. Così il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni commenta i dati. “Di là dai tassi non omogenei su base territoriale, è opportuno ribadire che il conto corrente non è solo uno strumento di servizio (tesi molto amata dalle banche italiane, ndr), per gestire incassi e pagamenti, ma rappresenta, da sempre, anche una forma di risparmio e come tale andrebbe adeguatamente remunerata da parte delle banche”, aggiunge Sileoni.

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