La rottura del campo largo M5S-Pd a Bari è l’esito prevedibile di un progetto improbabile. Le ragioni addotte da Giuseppe Conte – a mio avviso – sono chiaramente pretestuose: due giorni prima delle primarie il M5S ritira il suo partito dall’accordo e annuncia che andrà da solo col suo candidato (Laforgia) per via di una indagine su una presunta compravendita di voti successa cinque anni fa in un altro comune (Triggiano); l’altro candidato alle primarie per il comune di Bari (Leccese) non è indagato e per ora risulta estraneo ai fatti. Inoltre le primarie sono un momento in cui la gente vota, come voterà poi nelle elezioni amministrative vere e proprie, e deve essere semmai la gente a decidere di punire il candidato del Pd premiando quello del M5S, non il “capo politico” del M5S.

Il M5S aveva fatto del voto una sua bandiera: secondo Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si doveva votare su tutto, telematicamente, anche due volte al giorno; e adesso Conte ritira il M5S dalle primarie già organizzate e concordate per imporre il suo candidato? L’inchiesta in corso non c’entra evidentemente nulla con le primarie previste, ma fornisce a Conte e al M5S un modo per sganciarsi da una coalizione non molto desiderata.

Bisogna quindi chiedersi quale sia per il M5S il problema di partecipare in modo coerente ad una coalizione. La spiegazione mi pare sia questa: una larga parte dell’elettorato del M5S era stata attratta dal partito anti-sistema, che criticava e voleva rifondare da zero l’intero sistema politico del paese. Però il partito anti-sistema ha governato in alleanze disparate e ormai è sistema: il progetto originario di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio era ovviamente fumo negli occhi.

Gli elettori ed ex-elettori del M5S di fronte a questa inevitabile trasformazione si sono divisi in almeno tre gruppi: alcuni hanno abbandonato il Movimento; altri si sono rassegnati al fatto che le alleanze erano necessarie; altri ancora vorrebbero tornare indietro nel tempo alla propaganda barricadera. Conte, persi i primi, deve barcamenarsi tra le spinte opposte degli ultimi due gruppi e oscilla opportunisticamente tra il creare e il distruggere alleanze.

Ovviamente non può affondare l’intero sistema politico: i suoi avversari stanno in piedi senza di lui ed anzi contro di lui. L’unica cosa che può affondare, se ha la sensazione che l’anima barricadera conti più voti di quella istituzionale, è la coalizione di cui lui stesso fa parte. Questa alternanza tra costruire e distruggere è una costante del comportamento politico del M5S e vanifica le pie speranze del campo largo di Schlein e Bersani, di fatto regalando il paese e le sue istituzioni alla impresentabile destra attualmente al governo.

Soluzioni? Per ora nessuna.

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