Il mattino del 24 marzo 1999, un camion alla guida di un autista belga, durante il transito nel tunnel del Monte Bianco, prese improvvisamente fuoco. Trasportava un carico di margarina e farina. Le fiamme costrinsero l’autista a fermarsi dentro la galleria, creando un ingorgo. L’incendio, alimentato dalle materie combustibili presenti nel veicolo, fu amplificato dall’effetto forno causato dal tunnel, fino a raggiungere, in breve tempo, enormi proporzioni. I pompieri impiegheranno quasi due giorni per domare le fiamme.

Nell’incendio 39 persone morirono asfissiate. Vittime delle fiamme e dell’alta temperatura che si scatenò immediatamente nella galleria e che i ventilatori non riuscirono a disperdere.

Dopo questa terribile disgrazia, furono messi in discussione i meccanismi di videosorveglianza e di sicurezza della struttura, anche se nelle circostanze dell’incidente la fatalità aveva giocato una parte predominante. I lavori di ripristino durarono tre anni. In seguito le strutture operative delle due concessionarie, francese ed italiana, su proposta di quest’ultima, vennero accorpate e messe sotto la direzione di una apposita commissione intergovernativa italo-francese.

I francesi, prima di dare il via ai lavori, volevano discutere con l’Italia non solo il progetto di ripristino del traforo del Bianco, ma anche quale strategia adottare riguardo a tutti gli altri collegamenti transalpini, Frejus, S.Bernardino e Ventimiglia. Posizione accettata dal governo italiano, mai però concretizzata.

Proprio in questi giorni si è appreso che il traforo del Monte Bianco resterà chiuso la notte da aprile a giugno per importanti interventi manutentivi dopo la recente chiusura per nove settimane, dal 16 ottobre al 18 dicembre, sempre per realizzare interventi di sicurezza.

Ciò accentua l’attuale crisi dei valichi alpini. In questo momento i punti critici negli attraversamenti alpini sono: due a Nord-Est, due a nord e due a Nord-Ovest. A Nord-Est le difficoltà si concentrano nei valichi del Brennero e a Tarvisio, al confine con l’Austria. A nord il Gottardo (ferroviario) non è ancora a regime, mentre il Sempione (ferroviario) è inadeguato. A Nord-Ovest i problemi riguardano il tunnel ferroviario del Frejus (chiuso e mai riaperto dopo la maxi-frana del 27 agosto 2023 in Alta Savoia, in territorio francese) e il traforo del Monte Bianco. Due infrastrutture critiche per i collegamenti tra l’Italia e la Francia. Il rallentamento dell’attraversamento dei valichi alpini sta agitando l’autotrasporto merci e quello ferroviario e comincia a pesare sul nostro import export.

E’ arrivato il momento di portare a sistema i valichi transalpini, specializzandoli per tipologia di vettori (ferro e gomma), di merci e per direzione di marcia, sotto un’unica regia nazionale di gestione e regolazione dei traffici al fine di massimizzare le capacità infrastrutturali. Il contrario di quanto sta facendo il ministro dei Trasporti Matteo Salvini che pensa, per esempio, di risolvere i problemi alzando la voce e ricorrendo agli organismi Ue contro le restrizioni al traffico dei mezzi pesanti, imposte dall’Austria e dal land Tirolo che mettono la priorità sulla salute dei loro cittadini e sulla limitazione dell’inquinamento provocato dal transito dei Tir senza alcun contingentamento.

Salvini vuole riorganizzare i traffici, privilegiando l’autotrasporto, lasciando al suo destino il trasporto merci ferroviario che sta riducendo i suoi volumi di traffico, anziché aumentarli. Il tema della sicirezza stradale delle gallerie e dei viadotti alpini resta purtroppo sullo sfondo perche Anas e RFI sono “troppo” impegnate e sbilanciare operativamente con le nuove grandi opere finanziate dal Pnrr.

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