È innegabile che la gestione algoritmica dei dipendenti offra alle aziende molte nuove opportunità per migliorare il modo in cui svolgono il proprio lavoro. Gli algoritmi vengono impiegati per automatizzare i compiti manageriali, soprattutto in termini decisionali, in una varietà sempre più ampia di settori e ambienti, ma ciò che avviene nel mondo delle piccole imprese è, come sempre, qualcosa di atipico. Ad esempio le imprese che operano nel settore dei trasporti e della logistica li utilizzano soprattutto per controllare i movimenti e le prestazioni di migliaia di autisti e magazzinieri.

Il passaggio alla “gestione algoritmica” delle decisioni ha offerto sicuramente alle PMI una maggiore efficienza e redditività. Ma dobbiamo chiederci se ha anche avuto conseguenze indesiderate ed effetti alienanti, in particolare per quanto riguarda la motivazione prosociale, che è un importante motore di creatività, produttività, interazione e benessere generale sul posto di lavoro. Nel farlo in una maniera empirica sulla base delle esperienze vissute in queste realtà, ho identificato una lacuna particolarmente interessante e importante: i dipendenti gestiti in modo algoritmico risultano meno inclini ad aiutare o sostenere i colleghi rispetto a quelli gestiti da persone.

Le aziende che utilizzano la gestione algoritmica devono tenere presente questo problema e prestare attenzione agli altri effetti negativi che questa può avere sulla psicologia dei dipendenti e sulle dinamiche sociali. Fortunatamente, le aziende possono mitigare questi effetti creando un ambiente di lavoro che incoraggi attivamente le interazioni sociali con iniziative come la messa a disposizione di sale pausa comuni, l’implementazione di rotazioni tra i team e l’organizzazione di eventi sociali o attività ricreative comuni. Le aziende devono essere consapevoli di questo effetto. Se decidono di affidarsi alla gestione algoritmica nella valutazione delle prestazioni e in altri compiti legati alle risorse umane, devono lavorare per integrare i manager umani.

Cosa fare? Anticipando questa situazione, le aziende e i manager devono informare e coinvolgere in modo proattivo i dipendenti nelle decisioni relative all’uso della gestione algoritmica. Quando i dipendenti vengono riconosciuti e inclusi come parti interessate nella progettazione e nell’implementazione della gestione algoritmica, è più probabile che mantengano comportamenti prosociali e che si sentano meno oggettivizzati.

In una piccola impressa di trasporti abbiamo provato a implementare efficacemente sistemi di valutazione automatica delle prestazioni degli autisti dando ai dipendenti la possibilità di stabilire i propri parametri di riferimento per le prestazioni, al di là degli obiettivi minimi determinati dall’algoritmo. Inoltre, le aziende devono garantire una comunicazione trasparente e consapevole su come vengono utilizzati gli algoritmi e su chi ha l’ultima parola nei processi decisionali. Per esempio, una azienda che si occupa di restauri edilizi utilizza gli algoritmi nelle sue decisioni di retribuzione variabile, ma comunica chiaramente ai dipendenti che questi algoritmi forniscono solo raccomandazioni che poi i manager possono decidere di ignorare.

In conclusione, le aziende dovrebbero esercitare una notevole cautela quando iniziano a utilizzare questa pratica. C’è un equilibrio da trovare, e le aziende dovranno lavorare diligentemente per trovarlo.

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