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Niger, difficile dire dove sta andando la nave di sabbia salpata dopo il golpe

Niger, difficile dire dove sta andando la nave di sabbia salpata dopo il golpe
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Dove non si sa. Difficile dire dove sta andando la nave di sabbia salpata l’anno scorso, a luglio dopo il golpe. Navigazione interrotta per ammutinamento, ripresa e orientata verso una destinazione sconosciuta ai più. La stagione del Ramadan che cade di questo tempo appare propizia alle domande di fondo. La preghiera, il digiuno e soprattutto le opere di carità caratterizzano il cammino dei fedeli che si riconoscono in questo itinerario spirituale e sociale.

Navigare domandando dove si va appare come un’esigenza per i passeggeri del veliero che lo spirito di penitenza invita alla sincerità e alla verità. L’azione più semplice parrebbe quella di indirizzare la domanda al capitano della nave. Anche in questo caso pochi avrebbero la risposta che cercano. L’equipaggio indicherebbe al popolo l’orizzonte perché il capitano sembra introvabile. C’è chi assicura di conoscere la meta della navigazione e chi non teme di condividere i dettagli dell’isola verso la quale si dirigerebbe il battello in questione. Secondo alcuni in questa terra sembra scorrere latte e miele perché, finalmente, la sovranità sarebbe l’unica maniera di assicurare sicurezza ai confini ben difesi da torri di polvere che il vento rende inespugnabili.

Sembravano solcare un mondo differente, simile a quello che i padri della nazione avevano concepito nella loro ingenuità. Nel viaggio non mancavano i segni premonitori di ciò a cui avrebbe assomigliato l’isola verso la quale, presumibilmente, si dirigevano. Nel frattempo, sulla nave, la vita politica convenzionale, quella dei partiti e delle elezioni a scadenze regolari, era stata sospesa fino a nuovo ordine assieme alla carta costituzionale.

Si favorivano però gli scambi informali tra amici, simpatizzanti, passeggeri e financo tra la ciurma. Le notizie del mondo esterno al bastimento erano saggiamente selezionate e i viaggiatori sembravano accontentarsi di ciò che la radio di bordo, costantemente in funzione, propinava. Si era infatti costituito, in modo del tutto informale, un ufficio o ministero delle ‘verità’ utili, possibili, probabili o inaccettabili a seconda del soggetto in discussione. Nella navigazione non mancavano i pirati, i commercianti e i venditori di sogni. Questi ultimi, peraltro, erano riusciti a ritagliarsi una grossa fetta nel mercato dell’ascolto. Nelle lunghe notti di bonaccia, sotto una luna complice, i venditori non mancavano mai di orecchie attente ai loro racconti pieni di futuro. Assicuravano all’uditorio che nell’isola lontana avrebbero trovato tutto ciò che era stato loro negato e del quale avevano il pieno diritto di usufruire.

Ciò di cui erano stati ignobilmente derubati sarebbe diventato loro proprietà. Un mondo libero dove la dignità e la giustizia per tutti sarebbero diventati l’unica legge. Quanto ai pirati e i commercianti di armi, erano entrambi parte del sistema che solo fingevano di combattere. Intanto l’isola in questione, anelata e temuta, sembrava allontanarsi e avvicinarsi allo stesso tempo a seconda dello sguardo del mozzo che funge da vedetta. Proprio lui, una mattina di buon’ora, avvistò ciò che gli sembrava un lembo di terra. Cominciò a gridare di eccitazione per svegliare il capitano e i membri dell’equipaggio. Poco dopo però, con disappunto, si accorse che si trattava di gruppi di naufraghi appesi a scialuppe di salvataggio. Uno di loro, portato a bordo, disse che la loro nave aveva abbandonato l’isola dove avevano creduto di trovare il mondo nuovo.

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